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Mastro Titta, il boia di Roma/Capitolo XCVII

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Capitolo novantasettesimo - Il fuoco vicino al pagliaio

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Il pasto fu frugale, composto di vivande fredde, ma inaffiato di vino generoso, allegro e vivace. Il forestiero smessa la prima aria cattedratica, assunta per darsi del tono, si era chiarito buon commensale, spiritoso, giocondo. Raccontò brillantemente i fatti della campagna di Sicilia ai quali aveva partecipato ed espose gli intendimenti di Garibaldi, il quale voleva far l’Italia una. Ma non si sbottonò per quanto concerneva la sua missione, né i suoi rapporti col Finocchi.

Geltrude si sentiva rapita dal linguaggio insinuante del cospiratore, che non si lasciava sfuggire occasione alcuna, per frammischiare al proprio discorso, dei complimenti al di lei indirizzo, e le lanciava delle occhiate piene di sottintesi, alle quali ella corrispondeva sulle prime un po’ timidamente, poi man mano, con maggiore franchezza ed ardimento.

La capricciosa non poteva far a meno di istituire un confronto fra il marito grossolano e brutale, della persona come delle maniere, e l’incognito educato a tutte le squisitezze della vita cittadina, avvenente, elegante, colto e bel parlatore. Prima del levar della mensa il tradimento coniugale era per parte sua spiritualmente compiuto.

Al forestiero venne assegnata una cameretta, comunicante colla stanza da letto dei padroni di casa, che serviva di gabinetto di toletta per Geltrude. Aiutata dal marito, la moglie, già virtualmente infedele, la trasformò in un piccolo Eden, confortato da tutti gli agi, con un soffice letto, le cui candide lenzuola e i morbidi guanciali odoravano di lavanda e di gaggiolo.

Entrandovi il forestiero ne fu dolcemente sorpreso, si profuse in ringraziamenti, diede una robusta stretta di mano all’inglese al Finocchi, toccò colle punta delle dita quella di Geltrude, che corrispose all’eloquente pressione con pari intensità.

I cospiratori sono tutti così: trovano ospitalità in una casa e la prima cosa che fanno, se appar loro innanzi una graziosa figura di donna, è quella di violarla, approfittando del prestigio che esercitano sui deboli animi muliebri il mistero ed il pericolo.

All’indomani giunse, al commissario di Corneto, avviso dalla polizia di Roma, che doveva giungere colà un famoso cospiratore. Lo si esortava a vigilarlo per conoscere le persone colle quali si sarebbe messo in rapporto e ad arrestarlo quando fosse per partire.

Quando si tratta di affari politici, generalmente parlando, le polizie sono sempre informate ventiquattr’ore dopo il fatto.

Il commissario di polizia si affrettò a partecipare la nuova ai suoi intimi, per cui, in men che non si dica tutta Corneto fu edotta della cosa, e Luigi Finocchi per il primo. Si convenne pertanto che il forestiero non sarebbe uscito dal suo nascondiglio. Geltrude avrebbe pensato a provvederlo di tutto l’occorrente, finché esauriti i primi slanci di zelo, la polizia si sarebbe acchetata, e sarebbe stato possibile farlo partire, di notte, su qualche barca di cabotaggio, per la vicina Toscana.

La volontaria prigionia del cospiratore non durò che tre giorni: Luigi era sempre fuori di casa, per scrutare il terreno ed aver notizie. Sua moglie ed il bel giovane ebbero quindi tutto il tempo per intessere il loro piccolo, ma piccante romanzo amoroso. Dodici ore dopo il forestiero, se non aveva per anco intrapresa la conquista dello Stato Pontificio, aveva già compiuta quella della sposa del suo ospite.

Tutto era ormai disposto per la partenza del cospiratore, quando Luigi Finocchi, tornò inaspettato a casa, e mosse verso la camera di Geltrude.

Il rumore di un bacio dato e ricambiato lo fermò impietrito dietro la porta della stanza precedente. Fulminato da un sospetto geloso si chinò e guardò per la toppa della serratura.

Il forestiero usciva dalla camera da letto e sua moglie in bianca vestaglia lo accompagnava cingendolo colle sue braccia. Si scambiavano baci e tenerezze. Si facevano gli ultimi saluti.

- Dunque non ti vedrò più amore mio? chiedeva con voce semispenta Geltrude.

- Ci rivedremo non appena le sorti della patria me lo consentano. Ma se dovrò morire su un campo di battaglia, sarà col tuo ritratto sul cuore e il tuo nome sulle labbra.

Il povero marito ingannato vedendo ed udendo, si morse disperatamente le mani e pianse di rabbia.
Avrebbe voluto aprire la porta, lanciarsi sui perfidi e strozzarli entrambi colle proprie mani. Ma pronto gli sopravvenne un altro pensiero: denunziare il traditore e vendicarsi della moglie. Si allontanò rapidamente, ma senza usare le debite cautele. Il rumore dei suoi passi avvertì Geltrude. Si affacciò alla finestra prospiciente sulla strada, e vide Giggi uscir dal portone, senza cappello, correndo, come un pazzo.

- Siamo scoperti: fuggi, - gridò al forestiero. Mio marito ci ha veduti abbracciati. - Fuggiamo.

- Impossibile, io resto. Affronterò sola l’ira sua e lo placherò, aggiunse con un sorriso indefinibile.