Memorie autobiografiche/Primo Periodo/VII

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Primo Periodo - VII

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Capitolo VII.

Lo spettacolo che si offrì alla mia vista per la prima volta, quando salito sul vertice de las barrancas, è veramente degno di menzione.

Gl’immensi ed ondulati campi orientali presentano una natura affatto nuova ad un Europeo e massime ad [p. 21 modifica]un Italiano, assuefatto e cresciuto ove palmo di terra non si presenta senonchè coperto di case, siepi, opere qualunque di mano d’uomo.

Là nulla di questo: il creolo conserva la superficie di quel suolo come gliela lasciarono gl’indigeni distrutti dagli Spagnoli.1 I campi sono coperti di fieno, e non variano che nelle valli sulla sponda dell’arroyo2 o nella cañada3 coll’alta maciega.4. Il fiume e l’arroyo hanno le loro sponde generalmente coperte di bellissimi boschi spesso d’alto fusto.

Il cavallo, il bue, la gazzella, lo struzzo sono gli abitatori di quelle terre predilette dalla natura. L’uomo rarissimo, vero centauro, le passeggia soltanto per annunziare un padrone ai numerosissimi ma selvaggi suoi servi. Non di rado il bellicoso stallone seguito dalla mandra di giumenti ed il toro scortato anche lui si avventano sul suo passaggio, disprezzandone l’alterigia con vigorosi e non equivoci segni. Io ho veduto nella misera mia patria un Austriaco solcando e calpestando le moltitudini. I servi abbassavano lo sguardo per paura di compromettersi. Non tornino per Dio a tanto vilipendio i discendenti di Calvi e di Manara!

Quanto è bello lo stallone della Pampa! Le sue labbra non sentirono giammai il freddo ribrezzo del freno,5 e la lucidissima schiena, giammai calcata dal fetido sedere dell’uomo, brilla allo splendore del sole quanto un diamante. La sua splendida ma non pettinata criniera batte i fianchi, quando il superbo, raccogliendo le sparse giumente o fuggendo la persecuzione dell’uomo, avanza la velocità del vento. Il naturale suo calzare, non mai imbrattato nella stalla dell’uomo, è più lucido dell’avorio, e la ricchissima coda svolazza al [p. 22 modifica]soffio del pampero, riparando il generoso animale dal disturbo degl’insetti. Vero sultano del deserto, ei sceglie la più vaga dell’odalische senza il servile e schifoso ministero della più degradata delle creature, l’eunuco.

Chi si farà un’idea dell’emozione sentita dal corsaro di venticinque anni in mezzo a quella fiera natura vista per la prima volta!

Oggi 20 decembre 1871, rannicchiato al focolare ed irrigidito delle membra, io ricordo commosso quelle scene d’una vita passata; in cui tutto sorrideva, al cospetto del più stupendo spettacolo ch’io m’abbia veduto. Io sono decrepito! Ma ove saranno quei superbi stalloni, i tori, le gazzelle, gli struzzi che tanto abbellivano e vivificavano quelle amenissime colline? I loro discendenti pascoleranno senza dubbio quei ricchissimi fieni, sinché il vapore ed il ferro giungano ad accrescere la ricchezza del suolo, ma ad impoverire coteste meravigliose scene della natura.

Il cavallo, il toro, non avvezzi a vedere gente a piedi, ne rimangono attoniti alla prima vista, e scorgonsi sopraffatti da curiosa stupefazione, quindi, disprezzando forse quei bipedi mingherlini, che si atteggiano a padroni del mondo, li assalgono scherzosamente, e li farebbero a pezzi, se volessero prender la cosa in serio, dal lato della giustizia. Il cavallo scherza, minaccia, ma non mai offende; del toro non bisogna fidarsi; la gazzella e lo struzzo fuggono alla vista dell’uomo colla velocità del destriero, e si fermano sopra un’eminenza, girandosi a veder se sono perseguiti.

In quel tempo la parte del territorio orientale di cui narriamo, era rimasta fuori del teatro della guerra; perciò trovavansi numerosissimi gli animali d’ogni specie.



Note

  1. Ho veduto l’ultima famiglia dei Charruas aborigeni abitatori di quelle contrade mendicando un pezzo di carne nei nostri accampamenti.
  2. Fiumicello.
  3. Bassura tra una collina e l’altra,
  4. Erba alta e dura.
  5. Lo stallone mai è domato in quei paesi.