Memorie autobiografiche/Primo Periodo/XII

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Primo Periodo - XII. Libero

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Capitolo XII.

Libero.


Dalla Bajada presi passaggio con un brigantino genovese, capitano Ventura, uomo superiore alla moltitudine de’ concittadini nostri dati alla nobile nautica professione, in cui primeggia nella gran maggioranza un [p. 34 modifica]interesse vilissimo, grazie all’israelitica educazione ricevuta nei nostri paesi.

L’interesse a cui accenno non è certo quella indispensabile economia, base del vivere onesto in tutte le condizioni, ove il cittadino, adattandosi alla propria condizione, bilancia la spesa sull’entrata, e potendo spender dieci, per esempio, spende solo otto, riserbandosi così sempre un residuo che non solo lo costituisce indipendente dal dominio altrui, ma procura a lui l’impareggiabile voluttà della beneficenza.

Non è forse il lusso, i depravati appetiti, il non sapersi conformare alla propria condizione e ad una vita sobria e laboriosa, che scaraventa a’ piedi dei potenti tanta massa di lussuriosi infingardi, e ne fa un semenzaio di birri, di spie, di malviventi d’ogni specie?

Il capitano Ventura mi trattò con una generosità cavalleresca, e venni con lui sino al Guassù, ove il Paranà sbocca nel Rio de la Plata. Là m’imbarcai per Montevideo con una balandra1 il di cui padrone era Pasquale Carbone, anche genovese, che pure trattommi egregiamente. Le fortune come le disgrazie capitano generalmente accoppiate, ed in tale circostanza dovevano succedersi le prime senza interruzione.

In Montevideo trovai una folla d’amici, tra cui primeggiavano Rossetti, Cuneo e Castellini; il primo di ritorno d’un viaggio al Rio Grande, ove era stato accolto con molto favore da tutti quei fieri repubblicani.

In Montevideo, però, continuava la proscrizione mia per l’affare avuto coi lancioni di codesta Repubblica, e fui obbligato di rimanermi nascosto in casa del mio amico Pesente, ove soggiornai un mese.

Lo stato mio di reclusione era abbellito dal concorso di tanti conosciuti Italiani, i quali in quei tempi prosperi per Montevideo, come pure in ogni tempo di pace, erano d’una amenità ed ospitalità degne di lode. La guerra, e massime l’ultimo assedio, amareggiarono [p. 35 modifica]l’esistenza di quei buoni e ne deteriorarono molto la condizione.

Con Rossetti partimmo verso il Rio Grande dopo un mese di soggiorno in Montevideo, e feci quel mio primo e lungo viaggio a cavallo, con grandissimo diletto.

Giungemmo a Piratinim, ove fui accolto vantaggiosamente dal governo della Repubblica del Rio Grande, stabilito provvisoriamente in codesto villaggio, per essere un punto centrale e fuori mano dalle scorrerie de’ nemici imperiali.

Nondimeno, il governo suddetto era stato già obbligato a metter gli archivi sui carri e seguire l’esercito repubblicano in campagna, dividendo coi militi i disagi ed i pericoli delle battaglie. Così operò il governo repubblicano degli Stati Uniti, quando Filadelfia capitale trovavasi minacciata dall’esercito inglese; e così devono operare quelle nazioni che preferiscono sacrifizi, disagi, privazioni, pericoli, all’umiliazione di diventar mancipi dello straniero.

Almeida, ministro delle finanze, mi fece gli onori dell’ospitalità, semplicemente, ma con molta grazia. Bento Gonçales, presidente della Repubblica e generale in capo dell’esercito, aveva marciato alla testa di una brigata di cavalleria, per combattere Silva Tavares, generale dell’impero del Brasile, che avendo passato il canale di San Gonçales infestava la parte orientale della provincia.

Piratinim, sede allora del governo repubblicano, è un piccolo villaggio, ma piacevole nella sua situazione alpestre. Capoluogo del dipartimento di quel nome, è attorniato da popolazioni bellicosissime e devotissime al sistema suddetto. Inoperoso in Piratinim, io chiesi di passare alla colonna d’operazione sul San Gonçales, e mi venne concesso.

Fui presentato a Bento Gonçales e ricevuto benone. Passai alcun tempo nel consorzio di quell’uomo straordinario, che natura avea veramente favorito delle sue doti predilette, ma che la fortuna contrariò quasi sempre per ventura dell’impero brasiliano.

[p. 36 modifica]Bento Gonçales era il tipo del guerriero brillante e magnanimo, e lo era ancora vicino ai sessant’anni, quand’io lo conobbi. Alto della statura e svelto, ei cavalcava un focoso destriero colla facilità e la destrezza d’un giovine conterraneo suo; e si sa che i Riograndensi contano tra i primi cavalieri del mondo. Valorosissimo della persona, egli avrebbe combattuto in singolare tenzone e vinto forse qualunque forte cavaliere. D’animo generosissimo e modesto, io credo non aver esso eccitato i Riograndensi ad emanciparsi dall’impero con fine d’ingrandimento proprio. Sobrio, come ogni figlio di quella valorosa nazione, il suo vitto nel campo era un açado (arrosto) come un semplice milite; alimento unico in quelle campagne ricchissime di bestiame, ed ove per far la guerra non si usano le ingombranti impedimenta, inciampo principale degli eserciti europei. Io divisi per la prima volta allora i di lui campestri pasti, con tanta famigliarità, come se compagno d’infanzia ed uguale.

Con tali doti, fu Bento l’idolo de’ suoi concittadini. Eppure con tante doti, egli fu sventurato nelle battaglie, ciò che mi ha fatto supporre sempre contribuire la fortuna per una gran parte negli eventi della guerra.

Una qualità poi di cui difettava il prode generale della Repubblica, era la costanza nelle battaglie. Ed io lo tengo per grande difetto. Iniziando una pugna qualunque, devesi riflettervi ben bene prima, ma principiata che sia, non si deve desistere dalla vittoria sino ad aver tentato gli ultimi sforzi, sino ad aver portato in azione le ultime riserve.

Io seguitai Bento sino ai Camidos, passo del canale di San Gonçales che unisce le lagune Patos e Merini; quel passo era stato varcato da Silva Tavares, pauroso d’incontrarsi colla prima brigata dell’esercito repubblicano, che lo perseguiva da vicino. Non avendo potuto raggiungere il nemico, la brigata retrocesse, ed io ripresi la strada di Piratinim al seguito del presidente.

[p. 37 modifica]Contemporaneamente si ebbe notizie della battaglia del Rio Pardo, ove l’esercito imperiale fu completamente sconfitto dal repubblicano.



Note

  1. Barco da fiume di mediocre grandezza.