Memorie autobiografiche/Primo Periodo/XIX

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Primo Periodo - XIX. Ancora corsaro

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Capitolo XIX.

Ancora corsaro.


I tre legni armati e destinati ad un’escursione sull’Atlantico erano il Rio Pardo (nuovo legno armato [p. 57 modifica]cui si diede il nome del naufrago) da me comandato, la Cassapara comandata da Grigg, ambe golette, ed il Seival, lancione portato in carro dalla laguna dos Patos,1 e comandato dall’italiano Lorenzo.

La foce della Laguna di Santa Caterina era bloccata da legni da guerra imperiali. Uscimmo di notte, non se n’accorsero, e dirigemmo la corsa verso tramontana.

Giunti all’altura di Santos, incontrammo una corvetta imperiale che ci perseguì invano, per due giorni. I bastimenti da guerra brasiliani erano certamente men bene comandati, che non lo furono nella loro campagna contro il Paraguay; e certo, con un comandante capace, i poveri piccoli tre legni della Repubblica sarebbero stati frantumati in poche ore, avendo noi in tutto tre piccoli pezzi, uno per barco; due del calibro da 9 ed uno da 12, mentre la corvetta aveva venti grandi pezzi in batteria coperta, ed era una vera nave da guerra.

Nel primo giorno, la minacciammo d’abbordaggio, e dopo molto cannoneggiamento prese il largo e ci lasciò padroni delle acque. Nel secondo giorno, avendo noi avvicinato la costa pili del primo, un forte nembo da scirocco mise fine al simulacro d’un combattimento, che per esser combattuto a troppa distanza con il mare grosso, finì per non dar nessun risultato.

Dopo i due fatti narrati approdammo nell’isola do Abrigo, ove si presero due sumache (nome che danno i Brasiliani ad una specie di brigantino goletta) cariche di riso. Proseguimmo il corso e facemmo altre prese, tra cui una sumaca che era stata predata prima da Grigg e presidiata con pochi uomini suoi, i Squali furono assaliti dall’equipaggio brasiliano, e legati per esser condotti prigionieri ai nemici. Fu vera sorte per quei nostri di cader sotto la nostra prora.

[p. 58 modifica]Dopo otto giorni dalla nostra partenza tornammo verso la Laguna. Io avevo un sinistro presentimento delle cose nostre in quelle parti; poichè prima di partire già si manifestava molto malcontento tra i Caterinensi verso di noi, e sapevasi l’avvicinarsi dalla parte di tramontana d’un forte corpo di truppe imperiali, comandate dal generale Andrea, famoso per la pacificazione del Para e per l’atroce sistema di repressione tenuto in quella provincia. All’altura di Santa Caterina, nel nostro ritorno verso la Laguna, incontrammo un patacìw da guerra nemico (specie di grande goletta quadrata a prora). Eravamo col Rio Fardo ed il Seival. La Cassapara si era staccata da noi, da varii giorni, in una oscura notte.

La scoperta del patacho fu fatta da prora, mentre con brezza forte veleggiavamo in poppa verso la Laguna di Santa Caterina. Il nemico incrociava apparentemente dall’isola dello stesso nome a levante, e lo scoprimmo colle mura a sinistra. Il patacho portava sette pezzi di artiglieria, ed era vero legno da guerra. Il Rio Fardo aveva un solo pezzo da nove nel mezzo, ed era una piccola goletta mercantile, senza nessuno dei requisiti belligeri. Comunque, conveniva far buona contenenza; e dopo d’aver segnalato alle prese, che erano tre, di dirigersi verso Imbituba, il Rio Fardo si diresse sul patacho sino a tiro di moschetto, orzò sulla sinistra, ed attaccò il nemico a cannonate.

Il patacho rispose bravamente; il combattimento però poco o nessun risultato poteva avere, a motivo del grosso mare. Essendo noi, il più delle volte, colla batteria di destra sott’acqua, sicchè il nemico, con molti tiri, appena potè forarci alcune vele.

L’esito del combattimento fu dunque la perdita di due sumache, una delle quali diè alla costa, e l’altra, spaventatosi il capitano di presa, ammainò la bandiera. Una sola presa fu salva, comandata da Ignazio Bilbao, prode ufficiale biscaino, ed approdò nel porto d’Imbituba, in nostro potere.

[p. 59 modifica]Il piccolo Seivaì, avendo smontato il cannone nel combattimento, per il mare grosso, prese la stessa direzione. Fui dunque obbligato d’approdare io pure in Imbituba, col vento da greco, che nella notte variò a mezzogiorno. Con tal vento, era impossibile di entrare nella Laguna, e certamente i bastimenti imperiali da guerra stazionati all’isola di Santa Caterina, informati dall’Andurinha (il patacho con cui avevamo combattuto), sarebbero venuti ad attaccarci. Bisognava quindi prepararsi a combattere.

Il cannone smontato del Seival fu collocato su d’un promontorio, che formava la baia d’Imbituba, dalla parte di levante, e vi si costrusse un parapetto gabbionato. Tale lavoro si eseguì di notte, ed appena giorno si scoprirono tre legni imperiali diretti a noi. Il Rio Pardo fu imbossato nel fondo della baia, e la pugna ben ineguale ebbe principio, essendo gì’ Imperiali incomparabilmente più forti.

I nemici favoriti nelle manovre da piccolo vento che sortiva dalla baia, mantenevansi alla vela con brevi bordate e cannoneggiavano furiosamente, potendo in tal guisa aprire a piacimento gli angoli di direzione de’ loro fuochi tutti concentrati sul povero e solo Rio Pardo da me comandato. Nonostante si combatteva da parte nostra colla massima risoluzione e ben da vicino, poichè sino le carabine erano state poste in opera da ambe le parti.

In ragione inversa delle forze, certamente, andavano i danni, e già la tolda nostra era coperta di cadaveri e di mutilati, crivellati i fianchi del Rio Fardo, e distrutti gli attrezzi dell’alberatura. Si era decisi di pugnare sino alla morte, e tal decisione, era corroborata dall’aspetto imponente dell’amazzone brasiliana — Anita! — che non solo non volle sbarcare, ma prese parte gloriosa all’arduo conflitto.

Se noi combattevamo con decisione, non era poco l’aiuto che il prode Manuel Rodriguez, comandante il cannone sulla costa, ci dava con buoni tiri ed efficaci.

[p. 60 modifica]Il nemico era impegnatissimo contro il Rio Pardo, e varie volte, nel vederlo approssimar molto, io m’aspettavo ad un abbordaggio, e noi eravamo pronti a tutto, meno che a cedere. Infine, dopo varie ore di accanito combattimento, a nostra gran sorpresa, egli ritirossi. Si disse poi esser il motivo della ritirata del nemico la morte del comandante della Bella Americana (uno dei legni nemici di maggior forza).

Noi passammo il resto della giornata a seppellire i morti e racconciare i danni importanti, sofferti dal povero Rio Pardo.

Nei giorno seguente, il nemico si mantenne lontano da noi, a prepararsi per una nuova pugna. Quindi più tardi, protetti dall’oscurità della notte, salpammo per la Laguna, avendo bonacciato il vento da mezzogiorno.

Di prima notte avevamo silenziosamente imbarcato il cannone che s’era posto sulla costa, e quando il nemico s’accorse della nostra partenza, noi eravamo alquanto avanzati, e solo nella mattina del giorno seguente ci raggiunse, e sparò alcune cannonate senza colpirci.

Noi entrammo nella Laguna di Santa Caterina festeggiati dai nostri, che si stupivano come avessimo potuto scampare da un nemico tanto più forte di noi.



Note

  1. I tre nomi dei piccoli legni da guerra provenivano da località ove i Repubblicani furono vittoriosi.