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Memorie e documenti sulla fondazione della Biblioteca Popolare Circolante di Prato/Della utilità delle Biblioteche

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Della utilità delle Biblioteche

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Dedica Storia della fondazione e del graduale sviluppo della Biblioteca pratese
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DELLA UTILITÀ DELLE BIBLIOTECHE1


È stata una verità dalla sperienza di tutti i secoli confermata, che indivisibilmente unita sia la fortuna delle nazioni a quella della loro coltura; e che allora fiorenti veggansi le città quando in vigore vi si mantengono gli studii: ma questi oppressi, quelle scompariscono come se prive fossero del vivifico lume dell’astro apportatore del giorno2. Basta appena un solo sguardo alle trascorse età per convincerci, che ove neglette giacquero le cognizioni, altro non regnò che disordine, confusione, oscurità, barbarie. Assolutamente, già lo disse fra gli altri il celebre Mureto3, niuna città fiorir puote, se non se quella in cui è in vigore la cultura delle lettere: e con ragione; dappoichè allora si stima florido uno stato, quando felici sono, e per quanto più è possibile perfezionati gli uomini che lo costituiscono, nè mezzo evvi più adatto, perchè ciò si verifichi se non lo studio. Che havvi più proprio dello studio, diceva l’eloquente D’Alembert4, per renderci migliori e [p. 8 modifica] più felici? Si è lo studio che addolcisce i nostri mali, che dissipa i nostri pericoli, che tutte vivifica le facoltà del nostro spirito; e si è per esso che noi al dir di Cicerone, conosciamo l’infinità delle cose e della natura, e in questo modo istesso il cielo, la terra, i mari. Ma la limitazione della mente umana, e la ignoranza nella quale miseramente nasciamo, fanno sì, che svegliare non puossi lo intelletto nostro, nè acquistare in gran parte le cognizioni, se non ricorrendo a varie fonti: e quali saranno queste? Forse gli uomini di lettere? Non già, perchè o le cognizioni tutte non hanno per soddisfare alle ricerche nostre, oppure una certa aria di disprezzo, che si ravvisa nella più parte dei medesimi, invece di allettare lungi ritiene da loro quanti mai vorrebbero accostarsi ad essi, e consultarli. A chi dunque dovrà ricorrersi? Ai libri. Sono questi le miniere alle quali puossi ricorrere in ogni tempo senza timore di non ritrarne vantaggio: si deposita in essi a frutto dei nipoti la sapienza degli avoli e con essi si aggiunge all’antico patrimonio la nuova ricchezza. Son dessi i maestri, scriveva il famoso Riccardo di Burg nel suo Philobiblion, che ci istruiscono senza verghe o sferze, senza collera e senza danaro: se li avvicini non dormono, se li ricerchi non si nascondono, non mormorano se tu erri, nè ti rimproverano della tua ignoranza. Ma oh! quanto pochi sono coloro che acquistar ne possono qualche porzione, e quanto innumerevoli quelli ai quali neppure è conceduto possedere i libri più necessarj e meno dispendiosi.


  1. Articolo estratto dall’opera del Cav. Mortillaro di Palermo.
  2. Heumann. Consp. reip. liter. c. v. § LII.
  3. Vol. 4, orat. 2 pag. 45.
  4. Mélang. de litter. d’hist. et de philos. Amsterdam 1767, tom. V. pag. 497.