Memorie storiche della città e marchesato di Ceva/Capo XLVIII - Altre opere di beneficenza.

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Capo XLVIII - Altre opere di beneficenza.

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Capo XLVII - Orfanotrofio. Capo XLIX - Della Fortezza.
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CAPO XLVIII.


Altre opere di beneficenza.


Dopo l’ospedale e l’orfanotrofio l’opera più importante di Ceva è quella denominata Pio Istituto per le scuole.

Il Sacerdote D. Agostino Borgognone Cevese, con suo testamento 22 giugno 1719, rogato Melissano, lasciò erede del suo cospicuo patrimonio la Congregazione dei padri della Dottrina Cristiana stabilita in Francia nella città d’Avignone coll’obbligo alla medesima di fondare in questa città un collegio sotto la direzione dei Padri Dottrinarii in cui s’insegnassero Grammatica, Umanità e Rettorica, sotto la sorveglianza del Vescovo della diocesi, e degli Arciprete e Sindaco di questa città.

[p. 250 modifica]Questa testamentaria disposizione non sortì il suo effetto, sia che i Padri Dottrinarii non siansi potuti incaricare di questa scuola, sia che il governo non abbia permesso che l’eredità Borgognone passasse a mani di estranei a questi stati, il fatto sta che il 26 novembre 1721, emanarono R. Patenti con cui si prescrisse che l’eredità Borgognone venisse amministrata dal Municipio di Ceva coll’obbligo di provvedere i professori per l’insegnamento delle suddette classi di Grammatica, Umanità e Rettorica.

Non vi fu mai per queste scuole un locale fisso, ed adatto all’uopo, finchè Napoleone I in seguito alla soppressione delle case religiose non vi assegnò il vasto convento dei Francescani al di là del torrente Cevetta. Questo grandioso fabbricato, quantunque adattato quant’altri mai ad uso delle scuole, e per un convitto, divenne col tempo gravoso di troppo alla civica Amministrazione per le dispendiose riparazioni di cui abbisognava, trovavasi per altra parte il Pio Istituto mancante di necessario reddito per sopperire allo stipendio di un professore di Filosofia di cui era priva la Città, ed all’aumento degli stipendi agl’altri insegnanti voluti dai vigenti Regolamenti.

In vista di ciò si entrò in trattativa coll’amministrazione dell’Ospedale per far cambio dei rispettivi fabbricati.

Si fecero eseguire le necessarie perizie si rassegnò la pratica all’autorità superiore, e venne approvato questo cambio mediante la rifatta di 12m. franchi per parte dell’Ospedale.

Non ostante questo nuovo reddito trovavasi sempre il Pio Istituto in angustie finanziarie, ma venne in suo soccorso il più volte lodato Sacerdote Pio Bocca che tutta impiegò la sua vita nell’istruire la gioventù studiosa, con cedere a prò delle scuole un credito di ll. 20m. che aveva sulla Comunità di Cosseria.

Non pago ancora di sì generosa largizione nel suo ultimo testamento legò alla Civica Amministrazione in prò del Pio Istituto delle scuole «la somma di lire 10m. dichiarando [p. 251 modifica]essere sua intenzione che il prodotto di detto legato vada in sollievo della Minervale che si paga dalla gioventù studiosa di questa Città1

Fra tanti illustri benefattori non vi mancò chi pensasse all’onesto collocamento delle povere figlie.

La più antica pia disposizione a questo riguardo si è quella del fu signor D. Ludovico Giogia di antica e patrizia famiglia Cevese, canonico delle Vigne in Genova, il quale con suo testamento delli 14 maggio 1485, legò alle povere figlie di Ceva un capitale che dà l’annuo interesse di fr. 112 cent. 90 da convertirsi in due doti annue a favore di due povere figlie, e da assegnarsi dalli Arciprete e Sindaco della Città e Priore e sotto Priore dell’Arciconfraternita di S. Maria.

Un’altra dote a favore delle figlie che nate in casa propria nella contrada di Valgelata contraggono matrimonio, si è quello di lire cento, fondato da certo Chiantabella di cui sono amministratori i fidicommissarii della Cappella di S.Carlo. Non si conosce l’atto di fondazione di questa dote, ma risulta da un decreto della Curia d’Alba, segnato monsignor Gerolamo Vida, celebre poeta latino, che esso fu anteriore al 1564.

[p. 252 modifica]Nel 1723, con testamento 13 agosto, rogato Cora, il signor D. Scipione Barberis, di famiglia assai facoltosa ed antica, morto canonico di questa Collegiata li 18 maggio 1724, fondò due doti di lire 300 caduna da assegnarsi ogni anno dal Sindaco di Città, e priore di S. Maria a due figlie veramente povere e nate nel recinto di questa città, in occasione di loro matrimonio.

Aggiungeremo a queste opere così meritorie quella dell’intendente Dalmazzone per una sacra missione ogni quinquennio e quella del signor Canonico Alessandro Maria Gandolfi per posti gratuiti a favore dei Sacerdoti di Ceva negli esercizi che in ogni anno si dettano agli ecclesiastici nel seminario Vescovile della diocesi.

Dal sin qui detto è forza conchiudere essere ammirabile lo spirito di beneficenza onde furono in ogni tempo animati i cittadini di Ceva. Una città che comprese le campagne non può contar di più di cinquemila abitanti con un territorio assai ristretto, avere nel suo seno una collegiata di dodici canonici, oltre quattro cappellani corali, un ospedale di 14 mila franchi di rendita, un ospizio di circa 10 mila, un istituto per le scuole di ottomila circa, oltre le succitate doti, senza parlare di due conventi di religiosi possidenti dei tempi andati, può vantarsi sicuramente di contarne ben poche sue pari in beneficenze nel nostro Piemonte non che nella restante Italia.



Note

  1. D. Pio Bocca Professore di Filosofia e di Rettorica e Canonico onorario, ultimo di sua famiglia antichissima e nobile di Ceva, cugino di Monsignor Giuseppe Bertieri Vescovo di Pavia sovra nominato, essendo la Bianca Bocca madre del Vescovo, sorella di Giuliano Pietro avo di D. Pio, morì li 3 di gennaio 1846.
    Alle cospicue elargizioni che fece in vita ed in morte si devono aggiungere gli abbellimenti fatti alla cappella della B. V. del Rosario nel Duomo, di patronato di sua famiglia, avendo fatto costrurre a Milano una bellissima statua grande al naturale di rame, ed una ricchissima e bella lampada d’argento.
    Lasciò stampata una bella orazione in morte di Luigia Pallavicini di Priola Marchesa Del Carretto di Lesegno. Torino 1818.
    Pietro, fratello di D. Pio, era Direttore dei diritti uniti del Regno di Napoli, e possedeva un ricchissimo medagliere greco-romano.    (A. B.)