Monete del Piemonte inedite o rare - supplemento/Seborga

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Seborga

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Passerano Tortona

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SEBORGA.


Sulla costa dei Montenegro nell’estremo Apennino ligure e nella diocesi di Ventimiglia, divisa in diversi piccoli casolari trovasi la terra di Seborga, detta nei bassi tempi Castrum Sepulcri, e che da tempo immemorabile era posseduta dal monastero di S. Onorato di Lerino, isola sita presso le coste della Provenza1.

Di moltissimi privilegi era ricca questa celebre abbazia delle primarie della Francia, ma nessun indizio si trova per credere che mai abbia avuto quello di batter moneta; tuttavia que’ monaci possedendo Seborga inclusa nella repubblica di Genova e distante dalla Francia, credettero nel secolo XVII di potere impunemente per proprio conto, come in terra da essi soli dipendente, coniar moneta col nome di essa.

In qual anno ciò avvenisse risulta da una relazione fatta nel 1760 da quell’abate, mandata al signor Duval bibliotecario di Francesco I imperatore di Germania, e pubblicata nella storia generale di Provenza del Papon2, nella quale è detto che nel 1666 si diede ad un Bernardo Baresle di Morgens in appalto la battitura in Seborga di monete d’oro e d’argento, mediante il pagamento di lire settecento (tornesi), e che rappresentassero la figura di S. Benedetto loro fondatore collo stemma del monastero.

Che il Baresle abbia lavorato monete d’oro non lo crederei, ed anzi opino che di argento e di una sola specie abbia battuto, cioè di quelle che in tal epoca volentieri emettevansi in tutte le [p. 45 modifica]piccole zecche di queste parti d’Italia, e che coniate in principio da Luigi XIV re di Francia a denari 11 e di grani 43, e pel valore di cinque soldi tornesi, perciò detti Luigini, nel commercio lei Levante per la loro bontà essendo molto ricercate, subito, alterandone la legge, vennero contraffatte con grosso guadagno di chi le emise.

Il S. Quintino3 diede il disegno di tre varietà di esse, cioè di una più grande esistente nel museo imperiale di Vienna e della quale non fa conoscere il peso, e che pel suo diametro pare il doppio delle altre due, le quali tra esse variano solamente nella data, l’una essendo del 1669 e l’altra del 1671.

Questi due ultimi pezzi esistono nella collezione di S. M. ma con essi havvene un nuovo vario dal lato dello stemma e nelle leggende. Esso (T. VI, N° 60) da una parte ha il busto volto a destra d’un abate cassinese come negli altri tre ed attorno MONAST . LERINENSE . P . SEP . per Princeps Sepulcri, e dall’altra uno scudo sormontato da corona fiorita ed aperta, accostato da due rami di palma e contenente le armi del monastero, cioè tra due rami pure di palma una mitra sulla quale sorge un pastorale, con in giro MONAST . LERIX . PRIN . SEPV . e tra la leggenda e la corona l’anno 1668.

Il citato nostro autore crede che le monete da esso riportate coi n.° 2 e 3 possano essere mezze lire di Genova, trovando che una supera appena di due o tre grani il peso dei pezzi da dieci soldi emessi negli ultimi anni di quella repubblica, e che riconobbe pesate grani 38 1/2; ma se avesse, quando ciò scrisse, un momento riflettuto non potersi paragonare una moneta del 1668 con un’altra dello stesso valor nominale ma di più d’un secolo posteriore, non sarebbe certamente caduto in tale errore; ora avendo io perciò riconosciuto il peso dei tre pezzi di Seborga che possediamo, ne trovai di grani 3 g e 43, quando pesati due pezzi da soldi dieci di Genova del 1647 e 1671, cioè della stessa epoca, li vidi essere di grani 70, epperciò avere con essi nessun rapporto, onde sempre più mi persuasi altro non dover essere, anche per [p. 46 modifica]l’assieme del loro impronto, che di quei luigini che allora con grosso utile si contraffacevano per conto dei Ferrari in Masserano, dei Tizzoni in Dezana, dei Cibo Malaspina in Massa, degli Spinola in Tassarolo, dei Doria in Loano, ed in Genova stessa si imitavano notandovi perfino la bontà, la quale, essendo in Francia di denari 11, segnavasi in alcuni essere di soli cinque.

Tutta questa specie di monete, appunto per essere falsificata, ben presto venne bandita nei finitimi stati; così vediamo che il duca di Savoia nel 1667 e 16694 proibì che fosse ricevuta in Piemonte e specialmente nel contado di Nizza, dove pare fosse sparsa in maggior quantità, e indi dal consiglio del re di Francia il 1° luglio 16865 venne ordinato ai monaci di Lerino di chiudere la loro zecca e licenziarne il maestro Abril di Nimes, che l’avcva appaltata per tre anni mediante il pagamento di lire 1,5oo, ma che suppongo nemmeno abbia avuto tempo di lavorarvi, chè nessuna moneta se ne conosce posteriore alla sopraddetta del 1671.

Questa credo sia stata la durala di tal effimera zecca, nella quale altre monete non devono essere state battute che luigini e doppi, essendoché doppie e scudi d’oro alcun lucro non potevano produrre per causa del costo del metallo, così nemmeno deve esisterne alcuna in rame, come il citato autore sospettò, essendo impossibile, quando ne avessero emesse, che in tanti anni nessuna se ne fosse potuta trovare.

Ho poi dubbio che da quell’abate la zecca non sia stata veramente aperta nella piccola terra di Seborga, la quale col grande aumento seguito di quelle popolazioni tuttavia appena conta oggi cinquecento anime, ma piuttosto sospetterei che nell’isola stessa di Lerino tali pezzi si battessero, segnandovi il nome di quella terra, nella quale, essendo sita fuori del territorio francese, forse ciedeva non potere questo governo ciò impedire.

L’abbazia in seguito a trattative fatte sino dal 1697 aveva stabilito di vendere Seborga al duca di Savoia per venti mila scudi d’argento, aumentati indi di L. 13,ooo, ma tale convenzione non ebbe effetto, e la vendita non si effettuò che li 3o gennaio 1729 [p. 47 modifica]dall’abate regolare Alfonso di Ballon per lire tornesi 165,5oo, e così questo microscopico stato, del quale non si conosce l’origine e come abbia avuto il titolo di principato, di cui lo troviamo da quei monaci decorato, venne da quell’epoca compreso nel contado di Nizza, e dal 1814 annesso alla provincia ora circondario di S. Remo.

Note

  1. «Sino dal secolo XVII venne venduto al duce di Savoia un numero di documenti apocrifi che provavano i suoi diritti sopra Monaco, e tra essi eravene uno del 954 col quale un Guido conte di Ventimiglia donava al monastero lerinense la terra di Seborga, ma tutti presto si riconobbero essere stati appositameute fabbricati per estorquire una egregia somma di danaro, che venne appunto per essi dalla sua Camera pagata.»
  2. Tom. II. Paris I779, pag. 596.
  3. Discorsi sopra argomenti spettanti a monete ecc. Memorie dell’Accademia ecc. Serie 2ª, T. X., Tav. I., N° 2, 3, 4.
  4. Borelli. Editti antichi e nuovi di Savoia. Torino 1681, pag. 370 e 37i.
  5. Papon, come sopra, pag. 599.