Monete italiane inedite nella Collezione Brambilla a Pavia/Quarto di lira

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Camillo Brambilla

../Forte-Bianco di Giovanni Paleologo ../Moneta di Guglielmo Gonzaga III Duca di Mantova IncludiIntestazione 6 ottobre 2011 75% Numismatica

Forte-Bianco di Giovanni Paleologo Moneta di Guglielmo Gonzaga III Duca di Mantova

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III

Quarto di lira battuto nel 1563 in Casale Monferrato per Margherita Paleologa e Guglielmo Gonzaga.



Domenico Promis, nella sua terza Memoria sulle Monete italiane1, si è largamente occupato della serie di quelle uscite dall’officina monetaria di Casale Monferrato per l’epoca successiva al 1536, ed alla presa di possesso di quel Marchesato per parte [p. 439 modifica]di Margherita Paleologa Duchessa di Mantova, e del di lei marito Federico Gonzaga, cosi completando la illustrazione, che della detta officina il Promis aveva mandato alla stampa nel 18582.

In quella terza Memoria è posta in particolare evidenza l’importanza del provvedimento preso dai marchesi di Monferrato nel 1662 per uniformare sostanzialmente il lavoro della zecca di Casale alle basi monetarie saviamente adottate da Emanuele Filiberto di Savoia pel Piemonte al cadere dell’anno precedente, il che era voluto dalle continue e molteplici relazioni dei sudditi dell’uno di quei dominii con quelli dell’altro. Quali fossero le norme pel nuovo sistema regolatore del lavoro della moneta secondo la saggia volontà del Duca Emanuele Filiberto, già lo aveva opportunamente esposto il Promis nell’aureo suo libro sulle monete dei Reali di Savoia3. Tolto di mezzo il grosso di antico uso, era restituita la lira d’argento composta di venti soldi, e di duecento quaranta denari. La lira doveva essere della bontà o fino di denari 10.18 (millesimi 896) e del peso di denari 9.22, (grammi 12.700)4. Tre di quelle lire formavano lo scudo d’argento, e nove equivaler dovevano allo scudo d’oro del peso di denari 2.14 (grammi 3.286) ed al titolo di millesimi 911. La lira decomponevasi nei suoi spezzati, corrispondenti alla metà o soldi dieci, ed al quarto o soldi cinque, uguali nella lega, ossia allo stesso titolo, e proporzionali nel peso, e [p. 440 modifica]quindi di denari 4.23 (grammi 6.350) la mezza lira, e di denari 2.11 1/2 (grammi 3.176) il quarto. Vi erano poi altri pezzi a comodo del minuto commercio di lega diversa, e di peso in corrispondenza variato, dei quali non occorre parlare, in quanto estranei al presente studio.

Possessore anch’io di ottimo esemplare di quel bellissimo, e non comune pezzo, che è la lira d’argento battuta a Casale coi busti accollati al diritto ed il NON IMPROVIDIS al rovescio, per effetto delle già accennate disposizioni, vi ho posto vicino altro pezzo pur lavorato per Margherita Paleologa e Guglielmo Gonzaga nel 1563, e che ora vado per abbondanza a descrivere, sebbene il disegno che ne presento sia per sé di facile lettura ed interpretazione. Al diritto nel campo sta il monte Olimpo cui sovrastano la parola FIDES ed una corona. In giro da destra + MARgarita ET • GVLielmus DVCes MANTuae MAR . chiones MONTis FErrati. Al rovescio: Figura di vescovo sedente di prospetto col pastorale nella mano sinistra e la destra alzata in atto di benedire. All’asta del pastorale si unisce un ramo di palme. In giro da destra: Sanctus EVASIus CASALENSIS • All’esergo 1563.

Il Promis, dopo aver descritta la lira di Casale e la sua metà, avvertiva di non conoscere esemplare del dodicesimo di scudo, o quarto della lira o soldi cinque che, secondo l’ordine di battitura approvato dal Senato di Casale l’8 giugno 1662, ed esistente nell’Archivio di Stato in Torino, doveva avere da una parte una testa di santo vescovo mitrato colle parole Sanctus Evasius vescovo di Casale, e dall’altra il monte Olimpo, impresa dei duchi di Mantova. Questa moneta, si aggiungeva dovesse essere nel peso la metà, ed allo stesso titolo della mezza lira.

La moneta che ho descritto e produco, veramente [p. 441 modifica]non ha la sola testa ma l’intiera figura di Sant’Evasio, in ciò avvicinandosi, come anche nel suo complesso ad altro pezzo pure da cinque soldi e di Casale, ma di lega assai inferiore, battuto nel 1588 per Vincenzo Gonzaga, corrispondendo però assai bene, e meglio colla sua ben scolpita data del 1663, alle caratteristiche tolte dall’ordine di battitura 18 giugno 1562. Il peso poi della mia moneta è di grammi 3,100 epperò fatta ragione dell’uso potrebbe dirsi battuto esattamente secondo il riferito ordine presentando la sola differenza di milligrammi 50 inferiore a quella che riscontrasi comunemente nelle mezze lire, e nei quarti, battuti nella zecca di Torino secondo gli ordini di Emanuele Filiberto.

Il titolo o fino è perfettamente eguale a quello constatato nella lira del 1562 col NON IMPROVIDIS.

Non ho per tutto ciò esitato a ritenere, che in questo pezzo debba ravvisarsi esemplare di quel dodicesimo di scudo, o quarto di lira che all’ottimo Promis non era ancor riuscito di trovare effettivo nel 1871.

Mi pare pur anche, che la leggenda del rovescio, ove ommesso 1’episcopus, che sta nella surricordata moneta del 1588, Sant’Evasio è detto semplicemente CASALENSIS, renda il mio pezzo più interessante. Infatti Casale ebbe sede vescovile solo nell’anno 1474 per concessione del papa Sisto IV, e quindi il titolare della chiesa di Sant’Evasio ivi esistente da tempo remoto, non poteva essere e qualificarsi vescovo di Casale, ma relativamente a questa città soltanto protettore, o patrono, come difatti ritenevasi, ed ancor si ritiene. Sant’Evasio trovasi poi annoverato dalla chiesa fra i martiri, ed a ciò evidentemente allude la palma, che nella moneta del 1563 attornia l’asta del pastorale.

Piace mi in fine rilevare, che se Domenico Promis [p. 442 modifica]qualificò ben giustamente come assai bello il conio della lira, non inferiore sicuramente è quello del quarto ora pubblicato, massime nella figura del santo ben disegnata nell’assieme, e nelle pieghe dell’ampio paludamento. Pare giusto pertanto ricordare il nome di Francesco Alberio di Chieri, che era maestro della zecca di Casale, quando davasi esecuzione all’ordine del 16 giugno 1562 per la riforma delle monete in essa lavorate.

Note

  1. Torino, 1871.
  2. Monete dei Paleologhi marchesi di Monferrato. Torino. 1858.
  3. Torino, 1841. Vol. I, pag. 199, e Vol. II, pag. 70, ove per ogni moneta è indicato il peso.
  4. È il caso di avvertire che le cifre qui indicate tolte dalla Memoria terza di Promis, non si accordano in tutto con quelle date al Vol. II, pag. 70. Monete di Savoia. Le differenze però sono minime, e non possono influire sulle conclusioni e per la sostanza delle cose esposte.