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Notizie storiche intorno all'origine di Prato/Per qual maniera ed in che tempo la Cintola di Maria Vergine fosse portata in Prato

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Cap. VI - Per qual maniera ed in che tempo la Cintola di Maria Vergine fosse portata in Prato

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Cap. VI - Per qual maniera ed in che tempo la Cintola di Maria Vergine fosse portata in Prato
Come Maria Vergine Madre di Dio diede la sua Cintola a San Tommaso Apostolo Attentato di Musciattino e tentato furto del 20 Gennaio 1871, ossia l'ultimo miracolo
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CAPITOLO IV.


Per qual maniera ed in che tempo la
Cintola di M. V. fosse portata in Prato.


S. Germano arcivescovo di Costantinopoli nell’anno 720, ed il monaco Eutimio che viveva nell’anno 1118 nei loro Sermoni, ossiano Omelìe ragionarono lungamente della devozione che si aveva alla Cintola anco dall’Imperatore Arcadio, e dell'essersi interamente conservata, come se di poco tempo fosse stata tessuta, e da ciò ne facevano gran caso e ne avevano molta fiducia. Ora riporterò per qual modo, ed in che tempo questa Sacratissima Cintola fu portata in Prato. — Un pratese che si chiamava Michele. — Di quale condizione e nascita egli fosse; coloro che di lui scrissero non bene tra loro si accordano; poiché chi dice che egli era [p. 66 modifica]de’ Dagomari famiglia pratese nobile, e molto potente in quei tempi, e figliolo di messer Stefano di messer Dagomare il quale divenuto capitano di una squadra di giovani pratesi, che l’anno 1096 andarono alla celebre guerra di Terra Santa, invitati da un breve apostolico di Urbano II, condusse altresì con se, tra gli altri soldati pratesi, il suo figlio Michele, il quale dopo la guerra trattenutosi in quei paesi per molti anni andando ora in un luogo ora in un altro per esercitare la mercatura, e finalmente ritornò alla sua patria portando seco la preziosissima Cintola. Altri poi raccontano che questo Michele fosse indubitatamente di Prato, lo fanno di onesta si, ma di povera condizione e questa opinione è nell’altra più probabile, dicono, che desideroso di tentar la sua fortuna e procacciare a se colla sua industria avere e denaro, sul cominciamento del duodecimo secolo, abbandonò Prato sua patria per andare in molti e diversi luoghi portando seco mercanzie secondo le proprie forze, si condusse in Alessandria d’Egitto, [p. 67 modifica]e poi s’incamminò verso la Palestina quindi a Gerusalemme e finalmente pervenne dove la Sacratissima Cintola di Maria e per se, e per la patria sua egli ebbe la bella fortuna di acquistare.

È bene ricordare che S. Tommaso Apostolo si trovava a Gerusalemme a predicare il Vangelo insieme ad altri apostoli, e ciò perchè questi si trovassero presenti, mentre la Nostra Donna andava in Cielo; e dovendo S. Tommaso tornarsene ad esercitare il suo apostolico Ministero nelle Provincie che a lui furono assegnate, consegnò la preziosissima Cintola ad un buono e pio uomo di Gerusalemme che la cristiana religione professava e molto a lui la raccomandò acciocché la conservasse con tutta la diligenza e devozione. Accettò egli e prese questo gran tesoro con tutta la contentezza del suo spirito e considerando sempre come la più preziosa cosa che avesse e che potesse lasciare ai suoi discendenti, lo raccomandò loro talmente alla morte sua che di generazione in generazione fu sempre con ogni premura e [p. 68 modifica]riverenza conservato, e venerato altresì e tutto ciò si rileva da molte antichissime relazioni manoscritte intorno alla consegna che M. V. fece a S. Tommaso della sua Cintola per dimostramento della sua assunzione al Cielo, delle quali relazioni e della loro autorevole antichità si parlerà anche in appresso. E si ricava, e s’impara altresì dalle stesse relazioni, che la Sacra Cintola passando sempre da uno in un’altro dei discendenti di quel primo che l’ebbe dall’Apostolo, finalmente pervenne alle mani di un sacerdote il quale secondo la disciplina, e la costumanza della Chiesa orientale, essendosi legato con vincolo di matrimonio, ebbe una figlia che si chiamò Maria la quale essendo molto cara e diletta al padre le diede in serbo la Cintola di Nostra Donna. Ora nelle mani di questa fanciulla ritrovandosi la Cintola, egli accadde che il nostro Michele, nel tempo che si tratteneva in Gerusalemme, vide costei e sentendosi preso dalla sua bellezza, cominciò frequentemente a passare per la contrada ove ella abitava, e poi anche a [p. 69 modifica]parlare con essa lei, ed alla fine andò tant’oltre che la madre della fanciulla dandovi il suo consenso, ma senza che ne avesse contezza il padre, che forse non avrebbe acconsentito, Michele occultamente la sposò, non essendo in quel tempo siffatti matrimoni clandestini, proibiti dalla Chiesa. Dopo che Maria fu sposata da Michele, egli si trattenne per qualche tempo in Gerusalemme, senza che alcuno di questo matrimonio avesse indizio veruno. Ma la madre della sposa temendo fortemente che l’affare si fosse palesato e pervenuto a saperlo anche suo marito, e che egli avesse potuto prendere delle fiere risoluzioni come padre, tanto più che lo sposo era forestiero; chiamò a se Michele e così gli disse: Tu hai segretamente sposata la mia figliuola e già qualche tempo è passato, ed altri non vi è che sappia, se non io, che come madre all’onesto tuo desiderio mi piacque di acconsentire; e perciò credendo sicuramente, che se questo tuo matrimonio si manifestasse potrebbero accadere cose sconvenienti però io ti consiglio [p. 70 modifica]che tu faccia nascostamente ritorno al tuo paese in Toscana, e con esso teco conduca la mia figliuola oramai tua moglie. Io per dote della tua sposa non ti posso dare oro, né argento senza manifestarlo a mio marito ti darò bensì in luogo di dote una cosa tanto preziosa che sarei certamente maggiore dell’oro e dell’argento; e questa è la Cintola di Maria Vergine madre di Dio, la quale avendola ella data, nella sua Assunzione al Cielo, all'Apostolo S. Tommaso, egli poi la consegnò ad uno degli antichissimi uomini della nostra famiglia, acciocché la guardasse e conservasse, e gli disse che ella era la Cintola di Maria Vergine, e da esso essendo stata lasciata, e con molta premura raccomandata a’ suoi discendenti, in poter nostro alla fine pervenne. Se tu averai quella stima e quella venerazione che si conviene ad una Reliquia si insigne non ti sarà mai per mancare, dovunque tu ti ritrovi, cosa veruna di che tu possa aver bisogno. Michele ascoltato quanto gli aveva detto la sua suocera, tutto allegro le rispose che ben [p. 71 modifica]volentieri avrebbe fatto ciò che ella voleva e che di buona voglia porterebbe seco la Sacratissima Cintola; ed allora ella gli diede e gli donò, in una canestrina di giunchi marini, la Cintola di Nostra Donna, e quando poi gli parve il tempo opportuno, con la sua sposa Maria s’incamminò ora per terra ed ora per mare in Italia, e quindi si condusse a Prato sua dilettissima patria e ciò avvenne alla metà di agosto dell’anno 1141. — In questo tempo come per qualche secolo dopo i pratesi godevano la loro nativa libertà e governavansi a forma di Repubblica come si faceva allora da altre città e terre della Toscana e questa libertà la godevano i pratesi perchè Prato fu edificato in luogo libero comprato a quest’effetto col danaro comune di quelle genti, che con ampia popolazione che già abitava nel vicino Monte Chiavello, e ciò fecero per sottrarsi dalle insopportabili continue molestie dei conti Guidi, e d’altri signori confinanti, come ne parlano anche gli storici toscani. — E nel medesimo anno ancora, 1141, in cui Michele ritornò [p. 72 modifica]alla patria colla Cintola, la Chiesa collegiata di Prato, sotto l’invocazione di S. Stefano primo martire, della quale egli è il padrone, era retta e governata con titolo e dignità di Proposto da Ildebrando, senza cognome, secondo le antiche pubbliche memorie ed il costume di quei tempi. — Abitava allora il Proposto in un bene agiato e decoroso palazzo che si chiamava la Propositura, nella quale molti canonici della stessa Chiesa convivevano insieme con esso Proposto, e continuarono per qualche secolo dopo, secondo l’antica disciplina della Chiesa i canonici della Chiesa Cattedrale co’ loro vescovi insieme abitavano. Ora dunque essendo Michele ritornato alla patria si pose ad abitare una sua casa dirimpetto alla Chiesa Collegiata ovvero alla Propositura. E benché Michele avesse pensato, di donare al Proposto la Sacratissima Reliquia della Cintola acciocché con più decoro e venerazione fosse conservata, non potè mai interamente risolversi a far ciò, se non quando fu vicino alla morte, poiché le portava un così [p. 73 modifica]tenero e divoto amore che non sapea da se stesso e dalla sua casa allontanarla. — Ed in questo tempo egli la custodiva con una gelosia si grande da tenerla rinchiusa in un forziere, ovvero (come in una delle più antiche relazioni manoscritte già accennate) si legge — in uno Soppodiano (specie di cassa bassa che anticamente si teneva intorno ai letti) facendovi ardere di notte una lampada accesa in suo onore; e tale paura aveva che gli fosse tolta, che ogni notte vi si poneva sopra a dormire. Le quali cose, cioè del fare andare una lampada avanti al luogo, ove nascosa la teneva, non solo di notte ma di giorno altresì, e del porvisi sopra a dormire per il timore che non gli fosse tolta, in tutte quante le altre, si antiche e si moderne relazioni della Cintola si leggono ancora; come pure vi si legge che ogni volta che Michele sopra quel forziere, ovvero Soppidiano dove la Cintola era rinchiusa vi si poneva a dormire, ogni mattina poi svegliandosi si trovava a giacere sul nudo terreno o pavimento della [p. 74 modifica]stanze; e assai volte fu osservato tutto ciò da alcuni suoi amici e da tutti gli altri di famiglia; e creduto fu che questo per Divino volere accadesse, e che da mana angelica egli fosse collocato sul terreno, acciocché egli conoscesse quanto disconvenevole cosa era il dormire sopra una Reliquia si insigne, nella qual maniera di operare egli nondimeno, benché con forte sua ripugnanza, volle persistere, combattuto ora dalla reverenza verso la Reliquia, ora dal timore che la Cintola levata e tolta via non gli fosse.

Passarono non pochi anni, dopo che Michele fu ritornato alla patria sempre nell'accennato modo riportandosi e cristianamente, e con molta devozione vivendo verso la madre di Dio, quando finalmente fu da una gagliarda infermità assalito; ed essendo in età decrepita, e sentendesi oramai vicino alla morte, mandò a pregare il Proposto acciocché volesse andare a visitarlo, avendo necessità di conferire col medesimo. Il Proposto che allora si chiamava Uberto che succedè ad Ildebrando. [p. 75 modifica]A questo proposito è ben notare che fu preso sbaglio nell’aggiunta all’Italia sacra dell'Ughelli, della nuova edizione di Venezia, dove si fa succedere Uberto ad Ildebrando; e si asserisce di più che Michele nell’anno 1141 consegnasse ad Uberto la Cintola, cioè nell’anno stesso che egli tornò alla patria, la qual cosa non può in veruna maniera sussistere, poiché per pubblici istrumenti e per altre sicure memorie abbiamo, che nel 1141 fosse Proposto Ildebrando, e che Michele non consegnò al Proposto, se non alla sua morte la Cintola, e che nel 1148 era Proposto Ubaldo, e nel 1153 reggeva questa Chiesa Uberto e per molti anni poi la governò fino al 1175, al quale Uberto appunto da Michele, che era quasi moribondo, fu data la Cintola intorno all’anno 1174. Il Proposto, io torno a dire, che allora si chiamava Uberto, con alcuni dei suoi canonici si portò alla vista di Michele, il quale dopo le accoglienze dovute, così prese a favellargli. — Iddio oramai mi ha costituito in uno stato tale che poco più di vita mi resta: e perciò [p. 76 modifica]ritrovandomi ad avere presso di me un tesoro grandissimo, quello lasciare e donar voglio alla vostra Chiesa, acciocchè custodito e sia per sempre conservato ed oltre a ciò intendo di lasciare questa mia casa ancora alla vostra medesima Chiesa. Ed avendogli poi Michele manifestato che il tesoro, che lasciar volea, era la Sacratissima Cintola di Maria sempre Vergine che la diede a S. Tommaso allorquando andò assunta in Cielo, gli raccontò ancora per qual maniera aveva ottenuta si preziosa Reliquia, e come presso di se conservata sino a quel tempo, e tutto ciò gli era accaduto; e poi la Sacratissima Cintola in quella stessa Canestrina di giunchi marini come l’aveva ricevuta la diede e la donò. Il Proposto ricevette e prese la Santa Reliquia, ma non credendo nel cuor suo, che la Cintola fosse di Maria Vergine, poco conto mostrò di farne, e senza dir nulla ad altri, ordinò che posta fosse in uno di quei luoghi della sagrestia, ne’quali i sacri vasi, e gli ecclesiastici paramenti si tengono. Per questa si fatta maniera [p. 77 modifica]fa portata a Prato in Toscana la Cintola di Nostra Donna; la qual cosa, oltre alla comune credenza che per lo spazio di quasi sei secoli ne hanno avuta sempre i nostri maggiori, ed i popoli stranieri ancora, resta chiaramente confermata dalle tante, e tanto antiche relazioni della Cintola altre volte rammentate e dalle antiche dipinture altresì. Perciocché non solamente nella cappella ove adesso si conserva questa Reliquia, dipinto si vede da antico professore, quando dalla Madre di Dio ebbe la Cintola S. Tommaso: quando Michele sposò Maria; quando dalla suocera ricevette il canestrino colla Cintola; quando a Prato fece ritorno; quando nel forziere ovvero nel soppidiano o cassa la Reliquia tenendo, sopra vi dormiva, ed in terra si trovava risvegliandosi, e quando fu infermo diede la Cintola al Proposto, ed egli la portò nella sua Chiesa. Ma tutto ciò si vede ancora in Prato in una stanza della casa parrocchiale del curato di S. Lucia, molto anticamente dipinta con altre cose alla Cintola appartenenti delle quali, oramai per la lunghezza [p. 78 modifica]del tempo, e per la poca cura avutane, quasi affatto guaste, mi converrà altrove far parola. Degna però di particolare osservazione è una lunga, ma stretta tavola, che serve di gradino alla mensa dell’Altare, che è nella cappella del palazzo Vescovile di Prato; poiché in essa di antichissima, ma esprimente maniera, e con piccole e bene intese figure, tutte le accennate cose che alla traslazione a Prato del Sacro Cingolo si appartengono si vedono sul legno delineate. Non sarà fuor di proposito fare presentemente ricordanza, che questa tavola era già nell’antico Oratorio di S. Martino, poco distante dalla città di Prato, ed ivi ad un altro altare per gradino serviva: ed essendo stata osservata da Monsignore Michele Carlo Visdomini-Cortigiani nostro amatissimo vescovo, la fece egli, per sua speciale devozione, collocare per gradino all’altare della cappella del suo palazzo di Prato, dopo di aver ricompensato con altro somigliante ornamento l’altare di quell’Oratorio, dal quale aveva ordinato che fosse levata. Ne [p. 79 modifica]minor forza ha il comprovare quanto è stato detto finora, il Ritratto del nostro Michele che, tra vari altri di uomini illustri di Prato si può vedere, in una stanza del palazzo pubblico; il quale ritratto, opera di antico artefice, tiene in mano il canestrino nel quale fu portata la Cintola, ed ha nella parte inferiore una iscrizione per la quale s’impara quale persona in esso si rappresenta. E finalmente si conserva ancora lo stesso canestrino di giunchi marini che è ricoperto di drappo, e dove si conserva la Sacratissima Cintola.