Novelle (Sercambi)/Novella LX

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Novella LX

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Novella LVIIII Novella LXI
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LX


La brigata giunta colla bella novella ad Aversa, là u’ ’l preposto trovò sommamente apparecchiato per la cena; e perché ’l giorno poco aveano mangiato per lo sterile camino, cenarono di vantagio con gran piacere fine all’ora devuta d’andare a dormire; et a l’altore disse che per lo dì seguente la novella ordinasse. E ditto, n’andarono a dormire.

La mattina levati, l’altore, che avea udito dire al preposto che la sera voleano essere a Partenopia, subito alla brigata disse:


DE DISHONESTO ADULTERIO ET BONO CONSILIO

Di Sandro, come ingravidò la cugnata maritata, ma lo
marito era ito oltramonti per uno anno per liverar certe
mercantie e non l’avea menata.


Nella città di Siena fu uno uomo di popolo, il quale di suoi rendite vivea senza far arte, nomato Giorgio Aciai; avea una sua figliuola nomata Nicolosa, maritata a uno mercadante ricco nomato Sandro, e una figliuola piccola, d’anni xii, chiamata per vezzi la Pippa.

Avenne, il ditto Giorgio passò di questa vita lassando alcun piccolo figliuolo maschio e le figliuole nomate; e tutta la cura del maschio e della femmina lassò a Sandoro suo genero et a Nicolosa sua donna. Essendo morto Giorgio padre di Nicolosa, Sandro e Nicolosa sua moglie si reconno in casa lo figliuolo maschio piccolo e la Pippa.

E dimorando monna Nicolosa doppo l’anno della morte del [p. 266 modifica]padre in casa, avendo studiata la Pippa a farla bella, come le senese sanno fare — intanto che parea uno sole avendo già xiii anni — , monna Nicolosa traendola di casa et alla chiesa uno giorno di una solenità conduttola tanto adorna che uno giovano ricco mercadante nomato Cione vedendola <e domandando> di chi fusse figliuola, li fu detto chi ella era. Cione, che l’ha veduta, piacendoli et avendo sentito chi fu il padre e con cui dimorava, essendone già innamorato, subito pensò torla per moglie, dicendo: «Io son ricco e di buone genti, et ella non ha molto, posto che sia ben nata; nondimeno, se io la chiegio io l’arò».

E diliberato far parlare a Sandro et a monna Nicolosa di voler sapere se contenti erano che Pippa sua sposa fusse, Sandro e la moglie, che miglior parentado in Siena non arenno potuto fare, senza indugio dissero di sì. E messoli l’anello, Cione disse: «Io hoe mandato miei mercantie di veli, et anco n’ho mi balle per mandare. Poi che ho preso donna io mi vo’ dilivrare; e pertanto non v’incresca», dice a Sandro et a monna Nicolosa, «perch’io stia almeno uno anno a dilivrarmi, e poi serò libero di potere in Siena fermo stare». Sandro e la moglie dissero che ben dicea e che alla tornata la Pippa sarà alquanto più indurata: «Che avale è molto tenerella». Cione, udendo il motto, disse: «Voi dite vero». E dato ordine di caminare, colle suoi balle si mosse di Siena et andò oltramonti.

Rimane la sposa Pippa al governo di Sandro e della moglie. Madonna Nicolosa avea tanto piacere di veder maritata la sorella a ta’ mercadante, e piacer avea vederla tanto bella che poghe volte si sarenno vedute spartite. E stando in tal maniera la Pippa, ogni dì le bellezze multiplicavano, intanto che uno giorno, essendo monna Nicolosa andata alla predica e lassata la Pippa in casa colla chiave rinchiusa, venne Sandro a casa; et avendo una chiave, non pensando persona fusse in casa, aperse l’uscio. E andato su innella camera, trovò che si specchiava et era in una giubba di seta sottile.

Sandro, che prima vede le’ ch’ella lui, stando a guardare Pippa dirieto, parendoli una perletta, disse ridendo: «Pippa, che fai?» Pippa disse: «Io mi guardo e me stessa vaghegio», e voltòsi a [p. 267 modifica]Sandro. Sandro acostatosi allo specchio et abracciata la Pippa e innello specchio mirandola, non guardando costei esser sua cugnata, la cominciò a baciare dicendo: «O Pippa, non ti paiano buone le cose dolci?» Pippa dice: «Messer sì». Sandro dice: «Io te ne vo’ dare». Pippa sta cheta. Sandro cominciò a bracciarla e baciòla in bocca dicendole: «Pippa, questi baci sono cominciamento della dolcezza». Pippa, col viso rosato e tutta lustrante, niente dicea, ma di fiamme risprende nel viso. Sandro, che già era acecato, prese la Pippa et in su’ letto la puose, faccendole sentire quella dolcezza che prima l’avea preditta. La Pippa disse: «Oh, quanto è perfetto l’usare coll’uomo!» Sandro dice: «Pippa, sta contenta e niente dirai a Nicolosa». Pippa, che l’è paruto buono, disse: «Io non dirò niente».

E poi che cominciato ebbero, seguirò, intanto che poghi mesi passarono che Pippa si sentìo gravida: per la qual cosa molto dubitava, dicendo a Sandro che lei gravida si sentìa. Sandro, che ciò ode, tenendosi morto non sapea che dire. E venutoli lo spirito, disse: «O Pippa, tieni celato questo fatto et io farò che tu ti sperderai: lassa fare a me».

E subito se n’andò a uno speziale suo compare, dicendoli il fallo commesso e come era seguito, che li piacesse di darli cosa che ella si sperdesse. Lo speziale disse: «Compare, cotesto non farei per la vita, ma io lo dirò al mio zio medico, maestro Lessio, che ci darà qualche buon riparo senza che la creatura si perda». Sandro disse: «Io ve ne prego, compare, però che io serei il più vituperato uomo di Siena». Lo speziale, per servire il compare, disse a maestro Lessio tutto ciò che Sandro l’avea ditto. Lo maestro disse: «Noi camperemo la creatura e teremo modo di tener la cosa celata per modo che mai non si apaleserà». E subito mandato per Sandro che a lui venisse, Sandro venuto, lo maestro disse se la giovana farè’ quello che lui dicesse. Sandro dice di sì. Allora lo maestro li diè certe polveri dicendo che di quelle facesse alcuno fummo alla faccia della fanciulla per modo che altri non se ne avegga: «E dapoi manda per me, et io farò sí che ne rimarai con onore».

Sandro prese le cose, e subito andatosene a casa e dato a Pippa [p. 268 modifica]quello che ’l maestro l’avea dato, Pippa, come venne sera, lo sulfimigio alla faccia si fece. <E come> l’ebbe <fatto>, guardandosi innello specchio si vidde tutta gialla diventata: di subito mettendo a malizia uno strido e gittatosi in su uno lettuccio, madonna Nicolosa sua sorella trasse allo strido e vedendo Pippa in sul lettuccio giacere così gialla, gridando disse: «Or che è questo?» E subito mandato per Sandro che a casa venisse, Sandro, che atento stava, a casa n’andò; e domandato la cagione perché l’avea in tanta fretta richiesto, la donna disse: «Or non vedi come la Pippa è diventata, che quasi tra le braccia m’è morta? Và tosto per uno medico». Sandro dice: «O Pippa, confortati, che chi t’ha fatto venire cotesto male te ne farà guarire; e però non aver paura». La Pippa infingendosi disse: «Per Dio, andate tosto, che io mi penso morire prima che siate tornato!» Monna Nicolosa dice al marito che tosto vada.

Sandro subito menò il maestro. E venuto disse: «U’ è la fanciulla?» Sandro lo menò in camera, quine u’ trova la Pippa in collo alla soro. E tastandoli il polso, poi guardandola innella faccia, fra sé medesmo disse: «Ben ha doperato la medicina». E uscito di camera, chiamò monna Nicolosa, dicendoli la Pippa aver una infermità la quale si chiama impregnatio molle, e tutto dice alla sorella: «Ché quella è assai di pericolo, però che di continuo le ’ngrosserá tutte le membra e massimamente il corpo, ma penso colle buone medicine — se la natura di Pippa potrà sostenere a prendere il cibo e le medicine che io li farò fare — poterla campare; ben che faticosa cosa serà a camparla, nondimeno provare si vuole». La donna dice: «Doh, maestro, non lassate per denari». Lo maestro si partìo dicendo d’ordinare tutte cose; e così alla bottega con Sandro n’andò, e di quine fe’ portare alcuno giulebbe cordiale per conforto et alquanto confetto, dicendo che di quello di dì e di notte usasse, con buoni capponi e galline, et alcuna volta un poco di castrone. Sandro tutto dice alla donna; et ogni dì almeno una volta il medico venìa per dimostrare alla moglie di Sandro il bianco per lo nero.

E per questo modo dimorò la Pippa fine al viiº mese, non lassando Sandro e la Pippa, quando monna Nicolosa non era in [p. 269 modifica]casa, la faccenda da impregnare, ma quanto poteano l’arte usavano. E sempre il sofumigio la Pippa facea. Venuto a entrare innel settimo mese, disse Sandro: «Maestro, la Pippa ha tanto grosso il corpo che mi pare alcuna volta che in sul corpo li monto la creatura volere di fuora uscire. E pertanto io dubito che non fusse di quelle che a vii mesi parturisse; e però trovate modo ad altro fatto». Lo maestro dice: «Io voglio venire, e vedrai se io arò buona medicina per questo fatto».

E mosso et andato a casa di Sandro, là u’ trovò la Pippa col corpo grosso e lo volto giallo, fingendosi la Pippa star grave, monna Nicolosa sua suoro dice: «O maestro, io sono stanca ad aver tanto tempo governata Pippa che non posso più; e però vorrei se ella dé morire che tosto si spacciasse, e se altre medicine ci sono a farla sana, l’adoperiate». Lo maestro cognoscendo che la malatia di Pippa increscea alla sorella, tirando da parte Sandro dicendo alla donna che un poco stesse da parte, tirato Sandro ad acostarsi a una parete di taule per parlare di secreto, monna Nicolosa si misse dietro per udire quello che ’l maestro dir volea a Sandro suo marito.

E cominciò maestro Lessio a dire: «O Sandro, io cognosco che la malatia di Pippa è incurabile e per certo penso non poterne aver onore; poi che io oggi l’ho veduta, me ne pare esser certo che il male che ella hae è un male che vo credendo s’apicchi altrui a dosso. E pertanto ora ti dico che qui non vo’ venire ogni dì com’ho fatto; et a te dico, se hai cara la tua persona, non te li acosti se vuoi viver sano e senza difetto. E perché dèi amare la donna tua sopra tutte le cose, serè’ ben che ella ancora non vi s’acostasse, però che alle donne tal male più tosto s’apicca che alli uomini. Ma se avessi alcuno luogo di fuori innel qual fusse persona che tu fidartene potessi, io direi che tùe la Pippa quivi mandassi, et areste fugito il pericolo tuo e quello della tua donna, che la dèi più amare che te».

Sandro, che s’è acorto che <’l> maestro s’è aveduto che monna Nicolosa s’è posta in luogo che tutto ode, fingendosi rispuose e disse: «Maestro, io cognosco che voi dite vero che ’l male della Pippa è molto apiccicaticcio, che da pochi dì in qua mi pare esser [p. 270 modifica]tutto contrafatto, et anco ho veduto la mia dolce Nicolosa tutta smarrita per la malatia di Pippa. Ma io vi dico che io per me a lei non m’acosterò punto; e spero che Nicolosa non la vorrà abandonare, e per questo dubito ch’ella non prenda lesione innella persona come la Pippa, e non so che fare».

Disse il medico: «Io sento che hai una possesione». <«Sì>, assai presso a una mia zia la quale è tanto a noia a Nicolosa che non credo che Nicolosa volesse che la Pippa fusse al suo governo, et altra non ho». Disse il medico: «Tu dèi più amare la donna che la zia, però che il vangelo dice: Erite duo in una carne: e serà una moglie et uno marito in una carne. E pertanto vogli più che la zia pata afflizione che la donna». Sandro risponde: «Or se la donna vi vorrà andare e non voglia che altri vi vada, che farò?» Lo medico dice: «< . . . . . . . . . . . . > che arai tosto alle spalli chi ti darà una giovanetta con molti fiorini; e se tua donna s’elegerà il male e non sia tua colpa, non sarai riputato se non buono. E già t’ho trovato la Vezzosa de’ Tolomei, la quale è delle belle giovane di Siena».

E come queste parole ebbeno ditte, partendosi da’ luogo, la donna tinta innelle ciglia, quasi si volesse combattere spettò il maestro e ’l marito dicendo: «O maestro, io vo’ sapere quello che della Pippa dé essere, e non vo’ avere più caro altri che me: ditemelo tosto». Lo maestro dice: «Andiamo fuori di camera e tutto vi conterò». Madonna Nicolosa disse: «Io vo’ che qui mi dichiate tutto». Lo medico disse: «Pippa, sentendo, di paura morrè’». La Pippa disse: «O maestro, io serei più tosto contenta di crepare che la mia cara suoro avesse male a l’unghia del piede». Lo maestro disse che ben sarebe che la Pippa andasse fuori. E non lassando Nicolosa livrare l’ultima parola al maestro, disse: «O Sandro, io ti dico che tu mandi la Pippa in villa e mandavi tua zia, che ogni poco che n’è aregato e tu dici: — Porta questo a mia zia — . E però, come le mandi il bene, mandali ora la Pippa a servire». Sandro, che ha quello vuole, dice: «Tu sai che io non vorrei che tu l’abandonassi per lo tempo arà a vivere, com’hai fatto fine a qui». Nicolosa: «Ora veggo che pogo m’ami che voresti che io morissi e poi prenderesti Vezzosa de’ Tolomei, cane che tu sei. [p. 271 modifica]Per certo io non v’andrò mai!» Sandro dice: «Io farò ciò che vorrai».

E subito andatosene alla zia e tutto narrato, alla villa menando la Pippa e la zia, andandovi alcuna volta Sandro per contentare sé et altri; e poco steo Pippa in villa, che Cione suo marito tornò in Siena; e domandato della Pippa sua moglie, fuli ditto tutto e narrato. Cione, ch’è desideroso di vederla, disse che in villa volea andare. Sandro disse: «Egli è bene che ’l maestro ci sia». E menatovi maestro Lessio, montati a cavallo et avendo prima fatto asertire alla Pippa, Pippa, maestra, fattosi il sofumigio, più gialla che mai divenuta e grossa più di viii mesi, parea a vedere una itropica.

Giunto Cione il maestro e Sandro alla villa et andati a’ letto dove la Pippa giacea et accesi i lumi, vedendola Cione così contrafatta non s’acostò molto perché il maestro li l’avea vietato. Et usciti presto di camera, Cione disse al maestro: «Questa infermità è curabile o no?» Lo maestro disse: «Costei è a caso di morte»; mostrandoli lo capitolo del male. Ultimamente conchiuse lei esser a mal partito, mach’e’ adopererà quello che debbia esser sua salute. E per questo modo si partirono et in Siena tornarono, avendo prima lo maestro e Sandro ditto alla zia di Sandro che quando la Pippa parturisse, facesse che uno bacino si trovasse pieno di materia gialla. La zia di Sandro disse: «Lassate fare a me». Et avendo Cione sentito il pericolo d’acostarsi alla Pippa, più non ebbe volontà d’andare in villa, solicitando il maestro di buona cura. E per questo modo passò il tempo.

E venuto il fine de’ viii mesi la Pippa parturìo uno fanciullo, il quale secretamente ad allevare si diede. E fatto noto a Sandro <come Pippa> era in sulla morte, et a Cione et al medico, subito il maestro Sandro monna Nicolosa e Cione < . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . > che la malatia della Pippa era impregnatio molle, disse alla zia: «Che materia gettò quando l’accidente l’avenne?» La zia savia fe’ aportare uno bacino pieno di licore giallo mescolato con mestruale materia. Lo medico disse: «Costei è campata, poi che tale materia li è uscita di corpo». La sorella, ciò vedendo, disse: «Per [p. 272 modifica]certo maestro Lessio sempre lo disse che se ella gittasse questa materia, Pippa era guarita». Veduta quella materia, intraro in camera e, tastato il polso, <il maestro> disse: «Per certo costei è guarita». E subito comandò che fusse nodrita di buoni capponi, pipioni e confezioni, dicendo a tutti che <di> lei n’avea buona speranza.

E per questo modo Pippa più di xx dì fue da capponi e buone lasagne e confezioni ristorata intanto che parea proprio una rosa gialla perché non ancora l’era divetato il sofumigio. Cione, desideroso di veder quel bel viso, disse: «Maestro, io veggo la Pippa esser in buon punto, salvo del colore; se quello cessasse vorrè’ lei menare». Lo maestro disse: «Noi abbiamo fatto la magior cosa, ora faremo la minore». E dato alla Pippa alcuno unguento et acqua, in meno di tre di Pippa fu colorita come rosa. Sandro, che ciò vede, dice: «Poi che tosto a marito andar ne dèi, queste rose vo’ cogliere che sono sì vermiglie, poi che tante gialle n’ho colte». Pippa stae contenta. Cione, che sente che Pippa è più colorita che rosa, andandola a vedere, piacendoli, et anco domandandola s’era contenta di venire a marito e se si sentìa forte che volentieri la menarè’, Pippa rispuose: «Al vostro comando sono, né altro desidero».

Cione dato l’ordine del menare et ordinato le nozze e fatti l’inviti, Sandro dice a maestro Lessio: «Come faremo che Cione senta la Pippa vergine?» Lo maestro disse: «Questo sera assai piccolo peccato a far che paia vergine». Et ordinato uno bagnuolo strettivo con alcuni soffumighi, la natura della Pippa ristrinseno per modo che quando Cione l’ebbe menata, et inne’ letto con lei intrato venendo a fornire il matrimonio, trovò la Pippa esser di sotto più stretta che una donzella di x anni, dicendo: «Io non trovai mai giovana che si onesta vergine fusse come la Pippa». Udendo, questa rispuose: «E tu di’ il vero, marito mio». E così si goderno dapoi insieme.

Ex.º lx.