Novelle (Sercambi)/Novella LXXXVIIII

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Novella LXXXVIIII

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LXXXVIIII


E>ssendo venuta l’ora del desnare e trovato aparecchiato, mangiarono. Lo preposto a l’autore disse che contenti la brigata d’una novella; poi che questa ha confortato la brigata al desnare, che per la cena, ch’a Dierta far denno, una novella dica. L’autore disse: «Volentieri»; dicendo:

DE LATRONE ET BONA JUSTITIA

Di Bovitoro e Bellucco ladroni.

F>u in Genova ii fratelli ladri, li quali l’uno avea nome Bovitoro, l’altro Bellucco, che, avendo desiderio di guadagnare senza fatica, andavano di notte rubando e strafigendo bottegh’e case; e questa vita teneano. E più volte andonno a uno fondaco d’uno mercadante nomato Agustino e di quello più cose furato e tolto aveano. Di che il ditto Agustino più volte dolutosene alla signoria di quello che a lui era stato fatto, e niente li valea che di continuo quasi ogni mese per li ditti fratelli gli era alcuna cosa rubata, Agustino, che vede che per la giustizia non si può trovare modo, avendo veduto dove i ladri entravano diliberò che a piè della finestra, dove innel fondaco scendeano, metterè’ uno tinelletto pieno di vescagine stemperata aciò che se il ladro v’entrasse vi fusse preso.

E come pensò misse in efetto. E fatto la vescagine stemperata e messa in luogo ditto senza che ad altri l’apalesasse, divenne che una notte il preditto Bovitoro e Bellucco andonno al fondaco d’Agustino e per lo luogo ordinato Bovitoro si calò entro; e [p. 389 modifica]quando fu per lassarsi andare, credendo andare in sul terreno li venne andato innel tinello della vescagine. Bovitoro, che si vede invescato, volendosi colle mani aiutare più s’invescava, per modo che non avea balìa colle mani né co’ piè di potersi aiutare né di quello tinello uscire, ma come se chiavato vi fusse, stava sodo. Bellucco suo fratello vedendolo a tal partito, volendoli aiutare, per le spalli il tirava: e niente valea.

E stando in tal maniera, apressandosi il dìe, Bovitoro disse a Bellucco suo fratello: «Fratel mio, io veggo che morto sono; e se qui sono trovato, a me converrà confessare li furti fatti e con cui; per la qual cosa mi converrà te nomare, e veresti a dover perder la persona, né mai i nostri figliuoli arenno onore. E pertanto ti dico, poi che a tal partito sono che campare non posso, e per scampare te e la robba e per l’amor de’ nostri figliuoli, che tu mi levi la testa acciò che cognosciuto non sia; e per questo modo tu camperai e la robba, et i nostri figliuoli non aranno vergogna». Bellucco, che ha udito il suo pericolo, vedendo che ’l fratello campar non può, subito con uno coltello il capo dalle spalli al fratello levò e quello ne portò col pianto a casa. Li figliuoli de l’uno e dell’altro vedendo pianger Bellucco, non sapendo il perché, comincionno eziandio li fanciulli e le donne a piangere.

La mattina levato Agustino e trovato quello senza capo in un tinello, lo podestà subito <andato> a vedere, fatto prendere quel corpo, non potendo sapere chi si fusse pensò doverlo fare portare per la terra, pensando che coloro di chi parente fusse dovessero piangere; imponendo al suo cavalieri che quine u’ sentisse pianger cercasse, che di quella casa il corpo sarebbe.

E fattolo puoner in su una carretta, con uno tamburo innanti per la terra fu portato. E quando a casa di Bovitoro il carro fu arivato, il cavalieri sentìo piangere donne e fanciulli: subito saglito le scale dimandando quelle donne perché piangevano, loro che niente sapeano disseno: «Noi piangiamo perché Bellucco stanotte tornò molto piangendo». Lo cavalieri disse: «U’ è Bellucco?» «Oh», le donne e’ fanciulli disseno, «èglie in camera». Bellucco, che sente la famiglia dimandare il piangere, pensò subito potersi scusare per certo modo. E preso uno coltello, in sulla mano si [p. 390 modifica]diè per modo che molto sangue versò. Lo cavalieri, giunto dove Bellucco era, vedendolo piangere, lo domandò della cagione. Lui disse: «Perché m’ho fatto male, come vedete». Lo cavalieri, che vede il sangue, subito con aspro viso minacciandolo disse: «Tu se’ quello che hai morto quell’uomo innel tale fondaco!» E legatoli le mani, subito lo condusse al podestà.

Lo podestá, che cognoscea Bovitoro e Bellucco, li disse: «Che è di Bovitoro?» Bellucco disse: «Èglie andato un poco altro’». Lo podestà disse: «Quando <andò> di fuora?» Bellucco disse: «Ieri in sulla terza». Lo podestà, che avea veduto Bovitoro presso a sera, disse: «Deh, ladro, tu mi credi ingannare che io so che Bovitoro tuo fratello hai morto? E pertanto, non volere che io ti guasti della persona: confessa il peccato comisso, altramente io di darò tanta colla che tei converrà confessare!» E fattolo spogliare, Beluco, senza esser più guasto, confessò tutto. Lo podestà lo domandò <u’> avea la testa del fratello, Belucco quella apalesò. E confessato i furti fatti col fratello, e datoli il termine, a un paio di forchi lui e ’l fratello morto apiccare fe’, facendo ristituire le cose tolte.

E per questo modo li du’ fratelli avanzaro.

Ex.º lxxxviiii.