Novelle (Sercambi)/Novella LXXXXII

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Novella LXXXXII

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LXXXXII


G>iunta che fu la brigata a Forati, cenarono di vantagio e posarono fine alla matina che levato fu il sole, però che il preposto non volse che si caminasse di notte per quelli ma’ passi. E fatto alquanto la brigata confortare, disse a l’altore che una novella dica per fine che a Brandisio la sera di buon’ora desiderano di giungere. L’altore era disposto a ubidire; disse che fatto serà, e voltatosi alle brigate parlando disse: «A voi giovani, che disiate tosto per modo di rubar esser ricchi, e fatto il male sete si pogo savi che la persona coll’aver perdete, ad exemplo dirò una novella acciò che vi guardiate da tali cose»; incominciandola in questo modo:

DE MAXIMO FURTO

Al tempo di madonna Reina, donna di messer Bernabò di Milano: tenea lo suo tesoro in una torre rinserato con molte chiavi e forti.

F>u nella città di Milano, al tempo che madonna Reina moglie di messer Bernabò Visconte era donna del ditto messer Bernabò signore di Milano; la quale, la ditta madonna Reina, tenea il suo tesoro in uno casamento torniato di uno procinto e con molte chiavi li usci e le camere serate, innel quale luogo non stava persona alcuna. Uno sensale nomato Taisso, avendo alcune volte veduto i’ luogo dove madonna Reina lo tesoro riponea — perché alcune volte col tesorieri v’era andato per farli comprare mercantie — e vedendo che grandissimo tesoro era in quel luogo, volendo tosto ricco diventare, pensò tollere di quello tesoro. E perché [p. 400 modifica]solo tal cosa far non potea, diliberò di dirlo a uno suo fratello minore di tempo di lui nomato Orso.

E fattolo asapere al fratello, Orso contento, una notte si mosseno et andarono con una scala di funi a’ luogo là u’ il tesoro era, portando Taisso uno buono mazzo di candelle di cera. E giunti, la scala atacconno a’ merli, e diliberato Taisso (perché il modo dell’entrata sapea e quine u’ si teneano li denari) di voler lui andare lassando il fratello a ricever quello ch’e’ rubasse, e montato in sul muro tirò su la fune, cioè la scala di funi, e dentro la lassò andare avendola al merlo fermata. E scese giù e quine aperse il fuoco (ché portato avea da farne) e con quelle candelle arse i’ luogo quine u’ stava la seratura et aperse l’uscio. E così andò faccendo tanto che al cassone dove lo tesoro era giunse; e col fuoco aperse lo cassone e di quine ne trasse una borsa di fiorini x mila e quelli giù li collo al fratello. Lo fratello, che era stato informato da Taisso, li portò a casa et innella stalla li sotterrò, e ritorna. Taisso, ch’era andato al cascione, xv mila ne trasse in ii borse e simile al fratello le diede faccendone come delli altri. E tanto fece Taisso col fratello che fiorini lxxx mila n’aveano tratti.

E vedendo venire il giorno, non potendovi più stare se ne uscìo fuori ritirando la scala acciò che persona non se ne potesse acorgere. Et andatosene Taisso et Orso a casa, disse Taisso: «Noi siamo grandi ricchi se sappiamo fare. E perché io sono stato alcuna volta a vedere il tesoro col tesorieri, penso quando anderanno a guardare, vedendo il danno fatto, che non me ne diano la colpa; e pertanto ti dico che bene è che tu te ne vadi a Vinegia, et io cambierò questi fiorini e rimetteròteli; e dipoi me ne verròe e potremo sempre mai godere». Orso disse che li piacea, e diliberò la mattina rivegnente andare verso Vinegia e portare iii mila fiorini; e così fe’.

Giunto Orso a Vinegia, Taisso subito se n’andò a uno giovano cambiatore nomato Cione, dicendoli: «Io vorrei cambiare per Vinegia fiorini ii mila». Lo giovano disse: «Io sono contento». E presi da Taisso ii mila fiorini, li fe’ una lettora in Vinegia che a Orso fusseno dati; e così li ricevéo. E poi non molti dì steo che di [p. 401 modifica]nuovo disse a Cione che volea cambiare con lui fiorini iii mila per Vinegia. Cione, che avea ben guadagnato la prima volta, prese quelli denari et una léttora fe’ che a Vinegia fusseno a Orso dati. Vedendo Taisso che Cione libramente lo cambio facea, li disse che simile léttora volea di fiorini iii mila che in Vinegia a Orso fusseno dati. Cione, che vede che Taisso questi denari li dà e sapea che non era sofficente a l fiorini, stimò per certo Taisso doverli aver rubati.

E chiamatolo innel banco li disse: «Per certo, Taisso, tu dèi aver rubati questi denari; e però, se non me ne fai qualche parte e dichimi a chi tolti l’hai, io t’andrò acusare». Taisso, che la paura lo fa tremare, disse: «Deh, Cione, non volere sapere a chi tolti siano! Io son contento che d’ogni cambio che meco farai vo’ che il terzo tuo sia; e fine a ora, di questi fiorini iii mila che farai in Vinegia che a Orso mio fratello siano dati, io te ne darò qui fiorini iiii mila v cento». Cione dice: «Io sono contento». E fattoli la léttora de’ iii mila, ricevéo iiii mila v cento, dicendoli Taisso: «Io ti farò il più ricco banchieri di Milano». Cione come giovano sta fermo al guadagno.

Taisso disse: «Cione, io vorrei che di iiii mila fiorini mi facessi léttora, et io te ne do vi mila». Cione dice: «Volentieri, ma io vo’ vedere se il banco di Vinegia l’hae denari, altramente li prenderò d’altri». Cione, contento di fare la léttora, vede che quelli di Vinegia non hanno di loro più denari, parlò al fratello suo magiore dicendoli: «E’ serè’ di bisogno che noi prendessimo per Vinegia fiorini iiii mila». Lo fratello dice: «Or come può essere, che più di fiorini viiii mila avavamo là? Ora come, acatteremo noi denari ance d’averli?» Cione dice: «Fratello mio, tutti quelli che quine avavamo io l’ho cambiati con grandissimo nostro profitto, et holi qui auti contanti». Lo fratello dice: «Or con cui s’è possuto fare sì grosso cambio?» Cione disse: «Con Taisso». Lo fratello di Clone dice: «Con diaule! O elli non ha il valere d’un grosso! Per certo, se con lui fatto l’hai, lui li dé aver rubati. Ma io mi meraviglio che tanti n’abbia potuti rubare, ch’io non so chi si possa essere quello mercadante che non se ne fusse già saputo la novella». Cione dice: «Di vero lui m’ha confessato che [p. 402 modifica]tolti l’ha, ché mettendoli paura m’ha tribuito lo terzo d’uno cambio che ultimo fece di fiorini iiii mila v cento, e ora di questo me ne vuol dare vi mila et io lel faccia di iiii mila; non m’ha voluto dire a chi».

Lo fratello di Cione, sentendo il pericolo che venire ne potea a lui et al fratello, diliberò al tutto volere sapere a chi Taisso li fiorini avea tolti, dicendo a Cione che al banco lo faccia venire e che areghi li vi mila fiorini: «E tu li farai la léttora». Cione così fa e ’l fratello resta in bottega.

Taisso venuto co’ denari, Cione lo mena in fondaco dove era il fratello. Lo fratello di Cione li dice: «Taisso, io vo’ sapere a chi tolti hai questi denari acciò che noi ancora possiamo prender partito. E come hai fatto patto con Cione così ti voglio oservare che la terza parte sia nostra e le ii parti tuoi; e se c <mila> fiorini fusseno, tanto l’arò più a grado; et ora son contento di prender questi vi mila et io ti farò la léttora di iiii mila». Taisso disse: «Or che leva? Io li ho tolti a persona che poco danno ne può avere, e sono più di lxxx mila. Se io avesse avuto più della notte, io n’arei più di cc mila; e penso, se verrete meco, esser che in meno di ii notti ve li metterò in mano». Lo fratello di Cione dice: «Oimè, per Dio, Taisso, faccianlo e tieni secreto la cosa; ciò che vorrai da noi arai. E per poter fare più secreto e meglio, io voglio mandare Cione a Vinegia che si trovi con Orso con tutti questi denari e li altri manderemo a lor due; e in fine avale sono contento che il nostro e ’l tuo vada a comune». Taisso dà fede alle parole e disse: «Buono è che Cione tosto camini». Lo fratello di Cione dice a Taisso: «Và e mena qui uno cavallo che vo’ che incontenente vada per non perder tempo». Taisso si parte e per uno cavallo <va>.

E’ andato, lo fratello di Cione dice a Cione che subito della terra si parta e porti seco quelli vi mila fiorini, et in fine ch’e’ non manda per lui non torni. Cione, amaestrato, come il cavallo fue venuto saglìo a cavallo; dandoli una léttora di iiii mila ducati di Taisso e che quelli desse a Orso in Vinegia. Montato Cione a cavallo e caminato fuora del distretto e forza di messer Bernabò, auto il fratello di Cione da Taisso come li denari avea tolti a [p. 403 modifica]madonna Reina donna di messer Bernabò, disse a Taisso che mettesse in punto la scala per la notte. Taisso se n’andò alla sua casa per raconciare la scala se bisogno fusse.

Lo fratello di Cione subito se n’andò a messer Bernabò narrando tutto ciò che Taisso avea fatto. Messer Bernabò volse tutto sapere e trovò esser vero. Subito fe’ prendere Taisso et al fratello di Cione disse che il fratello facesse tornare: e così Cione tornò senza avere alcun male. E dato Taisso in mano di madonna Reina che di lui facesse quello li piacesse — e ben la pregava, poi che Taisso avea auto tanto cuore e che avea fatto sì bella rubba, che campasse — , madonna Reina vedendosi esser rubato il suo tesoro da Taisso, fattolo confessare «<quanti fiorini rubati avea> e quine u’ nascosi li avea, Taisso tutto narrato come innella stalla avea più di lx mila e lo resto, salvo li vi mila avea mandati a Vinegia al fratello; et auti quelli che in Milano erano, là u’ fe’ il male quine fe’ fare un paio di forchi e per la gola lo fe’ apiccare, et Orso suo fratello isbandegiò.

Né mai si curò tornare Orso a Milano: co’ denari si diè buon tempo, avendo perduto il fratello.

Ex.º lxxxxii.