Novelle (Sercambi)/Novella XXVI

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Novella XXVI

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XXVI


Giunto il preposto e la brigata in uno bel prato fiorito colle dilettevole novelle de’ du’ simplici, postosi a sedere innel mezzo di quel bel prato e la brigata d’intorno et a l’autore comandando che, mentre che innel prato dimorano, alcune novellette di piacere dica fine che la brigata si serà riposata, l’altore con reverenza disse che farè’ il suo comandamento, dicendo a tutta la brigata: «Omini e donne d’ogni condizione, chi desidera piacere ascolti alquante novelle che vo’ a dire»; incominciando in questo modo:


DE PLACIBILI SENTENTIA

Di monna Bambacaia da Montescudaio,
savissima in dar sentenzie.


Nella città di Pisa fu una gentilissima donna e contessa lo cui nome fu madonna Bambacaia de’ conti da Montescudaio, donna d’una profonda virtù et onesta del suo corpo, alla quale omini e donne andavano per risposta d’alcune quistioni e d’altre cose.

Or perché la brigata e voi, preposto, vi siete in uno dilettevole luogo posti a riposare e fugito l’aire cattiva di Bolsena, per rinfrescamento dirò alcune belle novelle e sentenzie per la ditta madonna Bambacaia asolute e narrate. E prego ogni persona a cui più diletta che quelle tegna a mente, incominciando prima dalle donzellette, le quali, pungendo loro la latuga per tenerezza, possano ad exemplo cognoscere il vero dal falso.

Dicendo: tre giovanette essendo in uno prato come noi ora siamo, mosseno tra loro una quistione. Il tinore di tale quistione fu in questo modo: che l’una dicesse di che sarè’ meglio per le [p. 128 modifica]donne lo pincoro dell’uomo; e qual meglio dicesse fusse chiamata sopra l’altre maestra. E posto la quistione, la prima nomata Dolcebene disse: «Io per me lo vorrei di ferro perché non si potrè’ mai romper’e come questo sarè’ molto duro». E tacéo. La seconda nomata Perla, chiese: «Io lo vorrei d’osso d’avolio però che serè’ pulito e non mi rafrederè’ l’ugello insaziabile». E più non disse. La terza, ch’è ’l suo nome Caracosa, disse: «Et io vorrei quell’ugello di nerbo». Ditte le loro volontà e non avendo tra loro chi asolvere le sappia disposeno ad andare a mona Bambacaia acciò che ella come maestra sappia dichiarire qual dé esser di loro maestra.

Et andatene a monna Bambacaia et esposte loro quistioni, monna Bambacaia intese ch’ebbe tutte le giovane, rivoltosi a tutte volse sapere il perché Dolcebene lo volea di ferro. Dolcebene disse: «Perché il ferro è duro e mai rompere e’ non si può». Rispuose monna Bambacaia: «La tua speranza è falsa, però che il ferro, essendo freddo per sua natura, rafrigera quel membro che vuol di continuo stare caldo e per lo star caldo desidera sempre stare coperto: ti dico non dèi esser chiamata maestra».

E poi a Perla disse che assegnasse la sua ragione. Perla rispuose: «Perché l’osso è molto duro et è pulito, e questo vuole la nostra volontà». Madonna Bambacaia disse: «Lo tuo pensieri non è buono, però che naturalmente l’osso non ha sentimento et è arido, e la natura femminile desidera cosa fruttifera: e per questo non meriti maestra esser chiamata».

A Caracosa disse che mostrasse della sua quistione la verità. Caracosa rispuose: «Perché ’l nerbo è alquanto sensibile et è uno membro assai domestico; et è boccone che la nostra bocca, che sempre desidera aver in bocca qualche cosa, può quello conducere in che luogo vuole». Monna Bambacaia, udendo assai bella ragione ma non anco efícace, disse: «Di vero io ti darei il maestrato di costoro, se avessi ditto compiutamente, ma perché hai in alcuna cosa fallito sono contenta che prendi tùe lo primo onore».

E voltòsi a tutte e disse: «Et io lo vorè’ di grugno di porco, che quanto più rumica più diventa caloroso». Le giovane, udito monna Bambacaia, dissero: «Di vero per le donne farè’ se fusse di grugno di porco». E partironsi.

Ex.º xxvi.