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Novellino/V

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V

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IV VI
Come a David re venne in pensiero di volere sapere quanti fossero i sudditi suoi

Davit re stando per la bontà di Dio, che di pecoraio l’avea fatto signore, li venne un giorno in pensiero di volere al postutto sapere quanti fossero per numero i sudditi suoi: e ciò fu atto di vana gloria, onde molto ne dispiacque a Dio: e mandolli l’angelo suo, e feceli così dire:

«Davit, tu ha’ peccato. Così ti manda a dire lo Signore tuo: o vuoli tu stare tre anni infermo o tre mesi nelle mani de’ nemici tuoi, o vuogli stare al giudicio delle mani del tuo Signore?».

Davit rispuose:

«Nelle mani del mio Signore mi metto: faccia di me ciò che li piace».

Or che fece Iddio? Punillo secondo la colpa, ché quasi la maggior parte del populo suo li tolse per morte: acciò ch’elli si vanagloriò nel grande novero, così li scemò e appicciolò il novero.

Un giorno avenne che, cavalcando, Davit vide l’angelo di Dio con una spada ignuda, c’andava uccidendo il popolo; e, comunque elli volle colpire uno, e Davit smontoe subitamente e disse:

«Messere, mercé: non uccidete l’innocenti, ma uccidi me, cui è la colpa».

Allora, per la dibonarità di questa parola, Dio perdonò al popolo, e rimase l’uccisione.