Novellino/XCVI

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XCVI

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Qui conta di Bito e di ser Frulli di Firenze da San Giorgio

Bito fue fiorentino e fue bello uomo di corte, e dimorava a San Giorgio Oltrarno. Avea un vecchio c’avea nome ser Frulli, et avea un suo podere di sopra a San Giorgio, molto bello, sì che quasi tutto l’anno vi dimorava con la sua famiglia; e le più mattine mandava la fante sua a vendere frutta e camangiare alla piazza del Ponte Vecchio; et era sì iscarsissimo e sfidato, che faceva i mazzi del camangiare colle sue mani e anoveravali alla fante e faceva la ragione che pigliava. Il maggiore amonimento che le dava si era che non si posasse in San Giorgio, però che v’avea femine ladre.

Una mattina passava la detta fante con uno paniere di cavoli. Bito, che prima l’avea pensato, s’avea messa la più ricca roba di vaio ch’avea et, essendo in sulla panca di fuori, chiamò la fante, et ella venne a·llui incontanente: e molte femine l’aveano chiamata prima, non vi volle ire.

«Buona femina, come dai cotesti cavoli?».

«Messere, due mazzi a danaio».

«Certo, questa è buona derrata; ma dicoti che non ci sono se non io e la fante mia, ché tutta la famiglia mia è in villa: sicché troppo mi sarebbe una derrata, et io li amo più volentieri freschi».

Usavansi allora le medaglie, in Firenze, che le due valevano uno danaio piccolo. Però disse Bito:

«Dammene ora una medaglia: dammi un danaio e te’ una medaglia; et un’altra volta torrò l’altro mazzo».

A·llei parve che dicesse bene, e così fece; e poi andoe a vendere li altri a quella ragione che ’l signore li avea data; e tornò a casa e diede a ser Frulli la moneta.

Quelli, annoverando più volte, pur trovava meno un danaio, e disselo alla fante. Ella rispuose:

«Non può essere».

Quelli, riscaldandosi co·llei, domandolla se s’era posata a San Giorgio. Quella volle negare; ma tanto la scalzò, ch’ella disse:

«Sì posai a un bel cavaliere; e pagommi finemente. E dicovi ch’io li debbo dare ancora un mazzo di cavoli».

Rispuose ser Frulli:

«Dunque, ci avrebbe ora meno un danaio in ‘uno danaio e’ mezzo».

Pensòvi suso, avidesi dello ’nganno, disse alla fante molta villania e domandolla dove quelli stava. Ella lile disse a punto. Avidesi ch’era Bito, che molte beffe li avea già fatte. Riscaldato d’ira, la mattina per tempo si levò e misesi sotto le pelli una spada rugginosa e venne in capo del ponte; e là trovò Bito, che sedea con molta buona gente. Alza questa spada: e fedito l’avrebbe, se non fosse uno che ’l tenne per lo braccio. Le genti vi trassero smemorate, credendo che fosse altro, e Bito ebbe gran paura; ma poi, ricordandosi come era, incominciò a sorridere.

Le genti ch’erano intorno a ser Frulli domandarlo com’era. Quelli il disse con tanta ambascia, ch’a pena poteva. Bito fece cessare le genti e disse:

«Ser Frulli, io mi voglio conciare con voi. Non ci abbia più parole: rendete il danaio mio e tenete la medaglia vostra, et abbiatevi il mazzo de’ cavoli con la maladizione di Dio».

Ser Frulli rispuose:

«Ben mi piace. E se così avessi detto in prima, tutto questo non ci sarebbe stato».

E, non accorgendosi della beffa, si·lli diè un danaio e tolse una medaglia, et andonne consolato. Le risa vi furo grandissime.