Osservazioni, progetti, e consigli risguardanti l'agricoltura nel Trentino ora Tirolo italiano/V

Da Wikisource.
Del torna o non torna a conto in riguardo alla coltura delle viti

../IV ../VI IncludiIntestazione 15 febbraio 2014 100% Da definire

IV VI
[p. 22 modifica]

DEL TORNA

O NON

TORNA A CONTO IN RIGUARDO

ALLA COLTURA DELLE VITI.




Vi fu tempo nel quale, sebbene convenzioni tra i Vescovi Principi di Trento e Bressanone, indi ordinanze de’ Conti del Tirolo avvocati delle due Chiese, mettessero impedimento al libero smercio de’ vini trentini in terra tedesca, pure, poichè il vino era quasi il solo genere con cui facevasi dagli abitanti della valle d’Adige qualche commercio attivo, tornava loro a conto il coltivare le Viti con ogni possibile industria, anche perché allora tale coltura, pel basso prezzo de’ legnami, esigeva piccola spesa.

Al presente è in libertà d’ognuno vendere a chi gli piace il suo vino. Ma questa libertà conceduta a chi vende, è pur accordata a chi vuole o dee comperare; e li possessori di vigne fanno per

[p. 23 modifica]ciò lamenti dicendo, che per questa licenza, e per altre molte gravezze, il commercio del vino è, secondo la loro espressione, interamente ruinato.

Queste lamentazioni de’ venditori di vino prodotto ne’ proprii fondi, hanno fatto sorgere il dubbio: Se torni loro a conto continuare come si fece in passato ad aver cura speziale delle Viti, o s’ei debbano scemare il numero de’ vigneti; e in questo caso domandasi ancora: per quale altro modo possan eglino indennizzarsi del danno che apporterebbe l’appigliarsi a questo partito.

Non vo’ ripetere quello che vanno dicendo i compratori, cioè che tai lamenti non sono giusti; imperocché, sebbene siensi aumentate e perfezionate di molto le piantagioni, e quindi cresciuto sia il prodotto del vino, e sebben se ne possa ritirare dal regno lombardoveneto, pure il prezzo n’è caro tuttavia, dovendosi in questi anni sborsare per una misura di vino un terzo o un quarto più di quello che pagavasi ne’ tempi andati. Dirò invece che a questo rispondono i possessori di vigne, essere cresciuti i tributi, e il prezzo della mano d’opera, e quello de’ legnami, e trovarsi alterato di un sedici per cento il corso delle monete in loro danno. Le quali cose, essendo vere, mi fanno strada a dire il parer mio intorno alla domanda: Se torni o non torni a conto coltivare Viti come in passato.

[p. 24 modifica] Non torna a conto, per mio avviso, coltivarne su li piani dove il prodotto è, per più cause, molte volte scarso, e sempre cattivo, e di vile prezzo, perché sul piano si può avere di meglio. Non torna a conto coltivar Viti a pergola, perché il prodotto in pochi luoghi vi matura bene, ed è soggetto a marcire, e perché le pergole costano assai, e rendono infruttuosi grandi tratti di terreno. Torna a conto coltivare Viti su le colline, e a filari, o, come tra noi si dice, a stregle, a scarozzi, perché dalle colline si può ricavare poco prodotto d’altro genere, perché tale coltura costa assai meno che a pergola, perché la minore quantità rende sicuro lo smercio, e perché la qualità migliore sostiene il prezzo, ed esclude la concorrenza.

Se i possessori di fondi volessero far bene i loro conti, e mettere in calcolo, oltre al già detto, anche le altre spese in locali, in botti, in manodopera, e le perdite in quantità, e qualità dei Vini, e gli scapiti provenienti dal dover vendere talvolta a credenza e a qualunque prezzo, si farebbero persuasi che seguendo le dette regole non se ne avrebbe alcun danno. Certo almeno mi sembra che facile sia procurarsi di tal danno, posto che fosse reale, compenso con usura. Lascio stare, che adoperando sulle colline sol pali brevi, e fatti con pezzetti di legno maturo, si verrebbe ad avere grande risparmio [p. 25 modifica]in legname, chè al presente valendosi di pali interi e giovani si distruggono ogni anno grandi tratti di selve; e fo queste domande. Non danno i nostri fondi posti sul piano (eccettuo i sabbionosi, ne’ quali stà bene che si coltivino Viti) non danno essi abbondante raccolto di fieno, e di grano? E il grano e il fieno sono forse tra noi generi di poco valore? Debbono gli abitatori del piano comperare dai montanari e fieno e paglia, di cui avrebbero bisogno questi medesimi per allevar più bestiame e ingrassar meglio le loro terre. Tutti dobbiamo comperare dagli estranei il grano a migliaja di some. Chi n’avesse di superfluo trarrebbe denaro (con brighe e pericoli minori) almen quanto ne ritrae dal vino, e impedirebbe in parte la passività del commercio che ci porta via annualmente enormi somme.

Si vuole ostinarsi ad avere poco bestiame, e a comperar caro il grano? Ebbene facciansi nelle pianure piantagioni di Mori, la cui coltura costa pochissimo, e il cui prodotto è maggiore d’assai di quello delle Viti; e tanto più da apprezzarsi in quanto che introduce denaro estero, laddove il commercio del Vino, se ben si considera ogni cosa, è per noi poco più che un puro cambio.

Vuolsi proprio avere di tutto? Si coltivi dunque di tutto; ma di tutto si aspetti poco; e si ringrazii di questo Iddio; e cessino le lamentazioni.