Pagina:AA.VV. - Commedie del Cinquecento, Vol. II, Laterza, 1912.djvu/342

Da Wikisource.
330 i bernardi

          da questa casa. Qui non son domestici,
          salvo che una fante che ho tenuta,
          giá son vent’anni; ed anco poco fidomi
          di lei. La vo’ chiamar: e far la predica
          che, talor ch’i’ vo fuor, farli son solito.

SCENA III

Cambio, Menica fante.

          Cambio.  Menica!
          Menica.  Messere!
          Cambio.  Non odi? Menica!
          Menica.  Messere, dico!
          Cambio.  Vien giú, ora; e spacciati.
          Menica.  Ecco ch’i’ vengo.
          Cambio.  E bene? Una testuggine
          mi pari, a’ passi.
          Menica.  I’ non son giá per mettere
          l’ale! Basta ch’i’ vengo.
          Cambio.  Tu m’hai fracido.
          Menica.  Oh guarda cosa! Come gli è fantastico,
          stamani! Ch’ara vist’andar per aria
          qualche uccellino, ch?
          Cambio.  Non piú, cornacchia!
          T’abbiamo inteso.
          Menica.  E’ convien pur rispondere.
          Cambio.  Non piú, dico, cicala! La Lucrezia
          dove è?
          Menica.  In casa, su, nell’anticamera.
          Cambio.  Giá so che non è fuor,.
          Menica.  Perché domandine,
          vecchio ritroso?
          Cambio.  Borbotta, la striggine!
          Che fa?
          Menica.  S’acconcia il capo.