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VII
Marcantonio P’ laminici a messer Ulisse Bassiano
Della penitenza e della retta interpetrazione
del Pater nosler.
Per rispondere alla vostra richiesta, magnifico inesser Ulisse
mio, vi dico che al mondo si ritrovano due maniere d’uomini,
che fanno profession della religion cristiana. «Alcuni verbis confi ten tur Deum, factis autem neganti, come dice san Paulo. A costoro non appartiene propriamente l’orazion dominicale, perché,
non avendo lo Spirito di Cristo, non sono di Cristo, ma del diavolo, mentre non mutano pensieri e vita, né possono orar con
fede, né riconoscer Dio per padre, né desiderar che ’l suo nome
sia santificato, né che venga il regno suo, né che sia fatta la
sua volontá. Si che costoro possono ben dir questa santissima
orazione con la bocca, ma non giá col cuore; il qual modo
d’orare è vano e simulato. Altri «verbis et factis confitentur
Deum», in quanto che sono veramente pii e buoni cristiani,
mettendo il loro principale studio nell’osservazion dei comandamenti di Dio, e pentendosi de’ loro peccati, e confidando
nella misericordia di Dio per Giesú Cristo nostro Signore. A costoro appartiene l’orazion dominicale, perché orano con fede,
e riconoscono Dio per padre, e desiderano la gloria della Sua
divina Maestá, e che sia fatto il suo volere cosí in terra come
in cielo. Appresso avete a considerare che ’l peccatore non
può impetrar perdono da Dio, se non si pente: però è scritto
nell’ultimo capitolo di san Luca: «Oportebat Christum pati et
resurgere a mortuis tertia die, et praedicari in nomine eius poenitentiam ac remissionem pecca/ornm in omties gentes». E san
Pietro negli Atti degli apostoli, capitolo in, dice al popolo: «Poeniteat vos igitur et convertimi ni, ut deleantur peccata vestra».
E in molti altri luoghi della Scrittura, quando si parla della
remission de’ peccati, si comincia dalla penitenzia. Appresso è