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i - rustico filippi | 5 |
VIII
Di due donzelli terribilmente uggiosi.
Due donze’ nuovi ha oggi in questa terra,
c’hanno si vinti ciascun fiorentino,
che piú non pòssor soffrire la guerra:
4l’un è l’Acerbo e l’altro è Guadagnino.
Questi due ci hanno messi a si gran serra,
che ne ripiace molto Bonfantino:
e quinci si raccorga, s’alcun ci erra,
8che macine non son giá di molino.
Ch’elle non hanno fondo, ma stranezza
iianno di peso, si che lo palmento
11n’andria giú in perfondo, per gravezza.
Ché di piombo è ciascun lor reggimento:
chi gli bestemmia, molto abbia allegrezza,
14e chi non, si gli basti esto tormento.
IX
Di un altro seccatore pesantissimo.
Colui, che puose nome al Macinella,
al mio parer, non fue stròlago fino:
ché, dico questo a voi non per novella,
4ch’egli ’l dovea serbar per ser Laino.
Ché qual cavallo il porta in su la sella
non vuole esser puledro né ronzino:
ch’e’ vela gli occhi, e si grave favella;
8che ’l mar passi per esser saracino!
Ched egli avanza e passa ogn’altro grave,
che fosse o sia o possa essere al mondo;
11e di ciò porta ben seco la chiave.
Ed haccene un, che non ha il capo biondo,
che ’n mar vorria che fosse con lui in nave,
14per ch’ambendue n’andassero in profondo.