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Pagina:AA. VV. – Sonetti burleschi e realistici dei primi due secoli, Vol. I, 1920 – BEIC 1928288.djvu/129

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vii - cecco angiolieri 123

CXX

I. amico, di cui chiede, non par ben disposto verso di lui.

— Udite udite, dico a voi, signori,
e fate motto, voi, che siete amanti:
avreste voi veduto, tra cotanti,
4cotal, c’ha ’l volto di tre be’ colori?
Di ros’e bianch’e vermigli’è di fuori,
or lo mi dite, ch’i’vi son davanti,
sed elli inver’di me fé’ tai sembianti,
8cheti i’ potessi aver que’ suo’ colori.
— Noi non crediam che li potessi avere,
però ched e’ non fece ta’ sembianti,
11che fosse ver’di te umiliato.
— Sed e’ noi fece, i’ mi pongo a giacere,
e comincio a far ta’ sospiri e pianti,
14che ’n quattro di cred’esser sotterrato. —

CXXI

Non può noti amare l’ingrato, ma cesserá di servirlo.

I’ so’ non fermo in su questa oppenione,
di non amar, a le sante guagnèle,
uomo, che sia inver’di me crudele,
4non abbicndo egli alcuna cagione;
ma questo dico, sanza riprensione,
di non servirti, né sarò fedele,
poi che di dolce mi vói render fèle:
8fáilti tu, ma non ne hai ragione.
Da ell’i’conosco la tua sconoscenza,
che tu ricredente contra me fai,
11vogli’ arrestare di te mai servire.
Per la qual cosa i’ crederei ’nsanire,
se tu non n’avessi gran penitenza,
14con essa avendo grandissimi guai.