Pagina:AA. VV. – Sonetti burleschi e realistici dei primi due secoli, Vol. I, 1920 – BEIC 1928288.djvu/173

Da Wikisource.

xvi - folgore da san gemgniano 167

XX

Venerdí.

     Ed ogni venerdí gran caccia e forte
veltri, bracchetti, mastin e stivori,
e bosco basso miglia di staiori,
4lá, ’ve si troven molte bestie accorte,
     che possano veder cacciando scorte;
e rampognar insieme i cacciatori,
cornando a caccia presa i cornatori
8ed allor vegnan molte bestie morte.
     E po’ ricoglier i cani e la gente,
e dicer: — L’amor meo manda a cotale.
11— A le guagnèle, serà bel presente!
     — E’ par ch’i nostri cani avesser ale!
— Tè’ tè’, Belluccia, Picciuolo e Serpente,
14ché oggi è ’l dí de la caccia reale!

XXI

Sabato.

     E ’l sabato diletto ed allegrezza
in uccellar e volar di falconi,
e percuotere grue, ed alghironi
4iscendere e salire grand’altezza;
     ed a l’oche ferir per tal fortezza,
che perdan l’ale, le cosce e’ gropponi;
corsier e palafren mettere a sproni,
8ed isgridar per gloria e per baldezza.
     E po’ tornar a casa, e dir al cuoco
— To’ queste cose e acconcia per dimane,
11e pela, taglia, assetta e metti a fuoco;
     ed abbie fino vino e bianco pane,
ch’e’ s’apparecchia di far festa e giuoco;
14fa’ che le tue cucine non sian vane! —