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xviii - ser pietro de' faitinelli 185

IV

Impreca vedendo sovvertiti al mondo i valori morali.

Ercol, Cibele, Vesta e la Minerva
voglio adorare, e rinnegar la fede
di quel tortoso Dio, nel qual uom crede,
4che né diritto né ragion osserva.
Giudeo vo’ diventare: e, di conserva,
d’arianiste e di Fotino erede,
Neron tiranno, Erode e Diomede
8e senza pietá Medea proterva.
A Mecca intendo di finir mia vita,
lá, o’ Macometto giace e sta sospeso
11in aere per virtú di calamita.
Ch’i’ veggio ’l reo montato e’l buon disceso;
drittura, fé, leanza esser perita;
14e, da cui l’uomo serve, essere offeso.

V

Non conviene fidarsi delle apparenze d’amicizia.

Per ch’uom ti mostri bel piacer o rida,
e doniti saluto allegramente,
non l’appellar amico mantenente,
4e, s’tu sei ’n guerra, noi ti far tua guida.
Ché le parole son vento, e le grida,
e’n su quel punto non costan niente;
cosí costasse la profferta un dente
8a quei cotali e chi di lor si fida!
Ché tutto ’l mondo è pien di tradimento
con false viste e con infingardie,
11e d’asciugar berrette ad un bel vento.
E quest’è suon de le sentenzie mie:
chiunqua si fida in vista o mostramento,
14senz’altra prova, fa mille follie.