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bartolomeo tortoletti 165

II

LA SOMIGLIANZA

     Ove d’avara chiostra a me s’involi,
idolo mio leggiadro, il tuo splendore,
maestro a vagheggiar mi guida Amore
somigliante beltá che mi consoli.
     Tu non temer però che lá sen voli
da le tue fiamme fuggitivo il core;
giuroti ch’ardo piú, quanto maggiore
conosco il raggio onde tu splender suoli.
     In lei null’altra cosa amar poss’io
ch’il tuo solo ritratto: una è la bella
luce d’entrambe ed uno il mio desio.
     Tai sono i rai del Sol ne la sorella;
e se tu sole sei del giorno mio,
luna esser può de la mia notte anch’ella.

III

LE ROSE GITTATE AL FUOCO

     Ite, rose lascive, ite d’amore
pegni vani e nocenti, un tempo cari,
e da l’arido vostro e dal pallore
qual sia chi mi vi diè, per me s’impari.
     Tal diverrá quella beltá, ch’in fiore
oggi par che non abbia al mondo pari;
e deggio ancor seguirla? ancor dal core
m’usciranno per lei singulti amari?
     Ahi, che pur troppo il mio desire insano
mi fe’ soggetto; or tempo è ben che fia
sciolto il laccio crudel da la mia mano.
     Intanto, itene voi per cotal via,
ch’il rogo vostro e ’l cenere profano
primo trofeo di mia vittoria sia.