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308 lirici marinisti

II

LA BELLA DERUBATA

     Quel ch’a la bella mia ladra d’amore
furâr sagaci man di ladri erranti,
era l’avaro prezzo onde il suo ardore
vende lasciva a poco onesti amanti.
     Ma non giá con sospir, non giá con pianti
de la perdita sua mostra dolore,
che stimar l’oro avvien ch’ella si vanti
quanto stimò, di chi donollo, il core.
     Correte a risarcir con larga usura
de la perdita i danni, o voi rivali
del lascivo piacere della natura.
     Move Amor ne’ begli occhi aurate l’ali,
e a voi, mentre a costei l’oro procura,
mostra d’oro la face e d’òr gli strali.

III

AMORI

     Tra i rami d’un frondoso ermo boschetto
avea con Filli il pastorel Tirreno,
ebro d’amore e di dolcezza pieno,
bocca a bocca congiunto e petto a petto.
     Un diluvio di gioia e di diletto
versava in loro Amor cortese a pieno;
ella giva mancando, ei venia meno,
l’uno con l’altra avviticchiato e stretto.
     Accoppiavan le lingue e i dolci baci
confondean co’ sospiri, avvinti insieme
com’orno antico ed edere tenaci;
     e mentre l’un sospira e l’altra geme,
tra lor temprando l’amorose faci
giunser concordi a le dolcezze estreme.