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Pagina:Alamanni - Avarchide.djvu/131

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lxvii
     Ma il buon vecchio Lambego, il volto cinto
D’amarissime lagrime, dicea:
Perch’a sì bianca etade ha, lasso, spinto
Il lungo viver mio fortuna rea?
Perch’io veggia il terren molle e dipinto
D’intorno Avarco, a cui tant’odio avea,
Del sangue de i Britanni, ivi condotto
Dal securo sperare in Lancilotto?
lxviii
     Come a ragion devea, che da i primi anni
Ch’abbandonaste il latte e la nutrice,
Viviana, che vi avea da gli aspri affanni
Del lago posto all’umida pendice,
A me vi diede, ed io de’ vostri danni
Rimostrando la piaga agra e ’nfelice
Nella memoria ancor tenera e fresca
Di vendetta al desio nodriva l’esca;
lxix
     E ’n quei primi trastulli ch’all’etate
Ch’a gran pena snodar la lingua suole
Più dolci sono, or sopra carte ornate
Di pueril pitture, or con parole
In fanciullesco suon d’altrui cantate,
Or sotto alle verdi ombre, or sotto il sole
Rappresentava sol l’empio Clodasso
Che ’l gran regno de’ vostri ha posto in basso.
lxx
     Io vi mostrava ognor Bano e Boorte
Or con forza scacciati ed or con frode,
E ch’ei del loro essilio e della morte
Non men che de i suoi beni invido gode,
E ’n voi dolce pietà dell’aspra sorte
Con quel favoleggiar che dolce s’ode
Accendea notte e dì, fingendo poi
Morti di vostra man lui stesso e’ suoi.
lxxi
     Poscia che di dì in dì crescendo giva
L’intelletto che ’l cielo e l’uso infonde,
Con più gravi ricordi allora apriva
Quel ch’a i cor giovinetti ancor s’asconde:
Ch’al supremo d’onor quel solo arriva
Cui d’onesto desir l’anima abbonde
Di vendicare i suoi, rendendo sciolto
L’almo patrio teren tra i lacci avvolto;
lxxii
     E ricercando ognor cagion novella
Ve n’empiea notte e dì la vaga mente,
Sì ben che in breve andar vedeva in ella
Il medesmo che in me volere ardente.
Tosto poi ch’al montar sopra la sella
Et all’arme vestir foste possente,
Di portare altamente mi giuraste
Sempre in danno di lui la spada e l’aste.
lxxiii
     Nè infino a questi dì giuraste in vano,
Tal gli apportaste ognor danno e disnore,
Mentre che avea l’esercito lontano,
E poco il suo terreno avea timore.
Or che vicina è sì la vostra mano,
Ch’offendere il porria nel proprio core
E punir mille offese in un sol giorno,
Fa sdegnosa de i suoi pigro soggiorno?
lxxiv
     Nè tien del suo dever più cura alcuna
Nè degli amici ancor pietà la muove,
I quai sospinti all’ultima fortuna
In lei drizzan la speme e non altrove?
Guardate pur che se lassù s’imbruna
La chiarissima grazia che ’n voi piove,
Com’or vi fa il maggior, tosto porria
Porvi in sorte minor ch’al mondo sia;
lxxv
     Che la Preghiera umil di Giove figlia
Le ginocchia ha rattratte e ’l collo storto,
Gli omeri curvi e bieche ambe le ciglia,
La fronte afflitta e di colore smorto;
Ma dritta, snella e pronta a maraviglia,
Con le membra robuste e ’l guardo accorto,
Quale ancilla fedel per ogni calle
Sempre ha la Punizion dietro alle spalle,
lxxvi
     Ma chi quella nel seno amica accoglie
E con pietoso cor dolce l’ascolta,
Del gran Parente pio piega le voglie,
Ch’alla seguace sua la forza è tolta.
Or se ’l nostro pregar da voi non spoglie
La troppa ostinazione in seno accolta,
Guardate pur, famoso mio figliuolo,
Che ’l nostro sopra voi non caggia duolo;
lxxvii
     E che venga poi tempo in cui vorreste
Al mortal nostro mal donar rimedio,
Che impossibil vi fia, poi che le meste
Genti oppresse saran nel tristo assedio:
E con rampogne allora agre e funeste
V’assaliran pietà, dolore e tedio
E la disperazion, che segue ognora
Quel ch’a scernere il vben troppo dimora.
lxxviii
     Or vogliate appagar queste mie voci,
Ond’ho per vostro ben già tante spese.
Spogliate al cor gli spiriti feroci
Che prepongon le basse all’alte offese,
E ne i vostri nemici aspri ed atroci
Spiegate drittamente le difese
Per quelli a cui più sète caro assai,
Che fratelli o figliuoi ch’avesser mai;
lxxix
     Et vi sovvenga omai che ’l cielo istesso
Nell’altrui ripentire al fin si piega
E del tutto il fallir largo ha rimesso
A chi, com’or facciam, divoto il prega.
Prendete il largo onor che v’è concesso,
Ch’a via maggior di voi talor si nega,
E i ricchi doni in segno di virtute
E della data a noi per voi salute.
lxxx
     Qui l’amare sue lagrime asciugando
Tacque il tenero vecchio, al qual rispose
Il duro Lancilotto: Or come e quando
Sì contrario il volere in voi si pose,
Che già ogni altro pensier lassato in bando,
Chiaro mio nutritor, sol quelle cose
Che m’eran care vi sentia gradire,
D’uno stesso col mio fermo desire?