Pagina:Alamanni - La coltivazione.djvu/227

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impero, e ci rimanda allora
O dai liti affricani o d’altra parte
Sopra i tetti a garrir la vaga Progne.
La celeste Saetta inver la sera
320Pur con varie tempeste in alto sale;
Quella onde già pietoso il forte Alcide
Uccise il fero uccel ch’a Prometeo
Il rinascente cor gran tempo rose.
Poi si rivede il ciel aperto e chiaro;
325E sette giorni e sette al tristo sposo,
Alla fida Alcïone Eolo prestare
Tranquillo e queto il mar, mentre ei fra l’onde
Van tessendo e formando il nido ai figli:
Ma quando veggion poi che tutta appare
330Argo la nave in ciel; cotal gli accora
La rimembranza ancor del legno antico
Ove solcando già morì Ceice,
Che si ascondon temendo; e ’l re dei venti
Riprende il corso, e con Nettuno giostra.

335Or non pur il saper come e ’n qual loco
Segghin le stelle in ciel, chi scenda o monti,
E la forza e ’l valor di questa e quella,
Pòn mostrar il seren, la pioggia e i venti
Al pratico cultor, ch’appresso vanno;
340Ma il gran Padre del ciel pietoso ancora
Al suo buon seme uman, per mille modi
In aria, in terra, in mar, la notte e ’l giorno