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270 il falcone


La dama invece tornò a chiedere al valletto: — Mangerai?

Egli, che era risoluto di morire, negò ancora col capo, sospirando.

— Io mi spogliavo — proseguì la dama — , e lui venne da me, tutto strano, a domandarmi.... Imaginate!

— Insomma! — fece il sire.

— Mangerai? — ripetè la dama per l’ultima volta. E per l’ultima volta: — No! — ripetè forte Ugo, che teneva fissi gli occhi negli occhi di madonna. La quale allora per dir tutto, e tuttavia a stento, riprendeva: — Mi richiese...; — ma il marito senza più badarle, come nella reticenza comprendesse quanto imaginava, con collera afferrò il braccio del valletto e gridò bieco: — Cosa le chiedesti?

Ugo tacque. Da’ suoi occhi traspariva una volontà virile che l’amore rendeva ineluttabile; disperato amore, più forte della morte; tale, che madonna Ginevra ammirandone la fermezza minacciosa insieme e supplichevole e temendo a un punto stesso per sè e per lui l’ira del marito che minacciava con quasi brutale veemenza, vinta dalla pietà, dall’ammirazione e forse dall’amore (quel ragazzo ormai era un bel giovine) concepì un’idea provvida e sagace.

— Mi chiese — rispose lei — il vostro falcone pellegrino, che non dareste a nessuno, nè a conte, nè a principe, nè ad amico; e, per averlo, s’è impuntato a digiunare.