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Simpatia 105


sulle spalle il peso della strada percorsa e volesse conquistare anche col petto la strada da perconere, a passi piccoli e frettolosi arrivava all’Olmello, recava in cuore la tenerezza di un padre buono, la bontà di una madre tenera, un’ansia fraterna, un desiderio di amico unico, una cristiana voglia di confortare, un bisogno di consolarsi consolando.

— Che nuove avete? — chiedeva, rialzato il capo, fermo a mezzo dell’aia.

Talvolta gli davan da leggere una lettera, gli mostravano una cartolina. Non perciò egli s’allietava del tutto. Troppo l’infastidivano le lamentele della madre e l’impenetrabile aspetto del padre. L’Assunta, che donna! Non intendeva che la guerra era la guerra.

E Stefano taceva. Che uomo! Due parole in un’ora; e da ignorante. Pareva avesse il figlio in un’impresa tenebrosa e le tenebre fossero entrate nel petto a lui, dove gli altri ci hanno il cuore, o nella testa, dove gli altri ci hanno il cervello.

— No! — pensava Leonardo. — Un padre non dovrebbe essere di ghiaccio o di macigno. No! Una madre non dovrebbe essere di ricotta. Che gente!

E si proponeva di non ricomparir all’Olmello prima che fossero passate due o tre settimane e le galline avessero fatto assai ova. Vi tornava invece dopo due o tre giorni. Ma se ne pentiva sempre; ripartiva sempre con quell’uggia, quell’amarezza