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160 i libri della famiglia

giuoco pericoloso, di niuno utile, di molta spesa, atta ad acquistarsi più invidia che amistà, più biasimo che lodo, esservi troppe sciagure, nascervi questioni, avermi più caro che io non pensava né forse meritava. E io queto, accigliato. Poi appresso quelli pur numeravano molte storie di quanti erano usciti di quelle armi parte morti, parte in tutto il resto della vita inutili e guasti. Fare’ti ridere se io ti contassi con quante astuzie più volte cercai ottenere licenza da’ miei maggiori, senza le cui voluntà arei né in quello, né in altra cosa mai fatto nulla. Interposi pregatori, parenti, amici e amici degli amici. Dissi averlo promesso, eravi chi affirmava me averlo giurato a’ compagni. Nulla giovava. Pertanto fu volta che io volea loro, non quanto io solea, bene. Ben conosceva io tutto farsi perché io era loro pur troppo caro, e perché amorevoli temevano a me non intervenisse qualche sciagura, come spesso a’ ben robusti e a’ molto valenti interviene o in la persona o nello onore. Ma pure e’ mi parevano odiosi in tanto dissuadermi e così essere contro a questa mia virile voglia troppo ostinati. E molto più mi dispiacevano quando io stimava lo facessino per masserizia, come egli erano, sai, pur buoni massaiotti, quale io testé sono diventato. E in quelli tempi era giovane, spendeva e largheggiava.

Lionardo. Testeso?

Giannozzo. Testé, Lionardo mio, sono io prudente, e cognosco chi getta via il suo essere pazzo. Chi non ha provato quanto sia duolo e fallace a’ bisogni andare pelle mercé altrui, non sa quanto sia utile il danaio. E chi non pruova con quanta fatica s’acquisti, facilmente spende. E chi non serva misura nello spendere, suole bene presto impoverire. E chi vive povero, figliuoli miei, in questo mondo soffera molte necessità e molti stenti, e meglio forse sarà morire che stentando vivere in miseria. Sicché, Lionardo mio, quello proverbio de’ nostri contadini, credi a me come a chi in questo possa per pruova e conoscimento non più esserne certo, così comprendo che gli è verissimo: «Chi non truova il danaio nella sua scarsella molto manco il troverrà in quella d’altrui».