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234 deifira

in loro amore. E ivi, amanti, fate qual suole l’uccellatore dietro alle coturnici, seguendole con modo e bellamente, chè assai viene presto il termine quale sia certo; e contenete voi stessi, acciò che la troppo seguita amata non lievi sè in superbia, ove poi quanto più la seguite servendo, ella tanto più vi fugga. E se pure, o vostra disaventura o loro instabile natura, come femmine sempre apparecchiate a nuove gare, forse accennano di levarsi, tiratevi adrieto, amanti, e lasciatele bene prima consigliarsi. Cosa per vile ch’ella sia, pure duole a chi la perde, e niuna sarà tanto stolta, la quale non pregi uno amante fra le prime carissime cose. Onde avviene che chi prima si parte, prima è richiesto. E se pure, loro superbia e stoltizia, elle saliscono in fastidirvi, voi, fermatevi e lasciatele straccarsi, dibattendosi co’ suoi leggieri e volatili pensieri, tanto ch’elle scendano d’ogni alterigia e superbo sdegno; e così in loro subito vederete mancato lo sdegno, ritornato l’amore.

Pallimacro. Tutti questi e simili altri documenti are’ io saputo insegnare ad altri. Ma che giova sapere schermire a chi abbi legate le mani? Io così ora mi truovo, infelice, legato in questa servitù, in quale solo m’è licito piangere la miseria mia. E felice chi può il suo male piangere palese.

Filarco. Reputi tu miseria servire chi, quanto tu dicevi, ami te! Ogni servitù certo fu sempre con dispiacere, ma ubbidire a chi t’ama, pare officio di liberalità e cortesia piuttosto che di servitù. E beato colui el quale, quanto egli ama, tanto sente sè essere amato. Nè vuolsi d’ogni minimo sinistro caso tanto attristarsi. Voi amanti, se chi voi amate forse si mostra verso di voi meno facile che l’usato, subito v’adolorate. Stolti amatori, se non stimate ogni astuzia e arte delle femmine essercitarsi solo per essere guardate da molti e lodate. Nè sa amare chi non può patire due ciglia crucciose in uno bel viso.

Pallimacro. Ohimè! Sfortunato me! Meschino me! Niuno caso avverso, niuna infelicità, niuno dolore può avenire a uno amante quale non sia intervenuto a me, e quale, misero me, non abbi troppo sofferto. Ma tanto mi si conviene, poichè ogni cosa mal volentieri principiata mal si finisce.

Filarco. Mai fu amante che non si dolessi; mai fu amore