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280 istorietta amorosa

suo vedrà il rimedio che io gli troverò». La donna, ritornata a casa, fece ad Ippolito l’ambasciata dell’abadessa; il quale confortatosi molto, in brievi giorni tutto si riebbe.

L’abadessa invitò molte fanciulle alla festa di Madonna Santa Maria di settembre, la quale era il lunedì seguente, e fra le altre invitò Leonora sua nipote. La domenica sera Ippolito, uscitosi della sua casa, se n’andò al monasterio di Monticelli, e quivi dall’abasessa ricevuto in camera, fu da lei assai teneramente confortato. Alla quale Ippolito pietosamente disse: «Madonna, assai di forza hanno i colpi dell’amore, più che non si stimano quelle persone che non hanno provato, in tanto ch’è allo innamorato ogni cosa licita sanza alcuna stima d’onore o di pericolo. E perché questi sono colpi che non si danno a patto, è piaciuto alla fortuna che di tante fanciulle quante bellissime sono nella nostra città e di grande affare, la immagine sola della vostra nipote Leonora per maggior mio duolo m’è entrata nel cuore. E certo che la speranza dell’aiuto vostro mi tiene vivo, dove già sono più giorni che la vita mia sarebbe finita. A voi dunque mi raccomando e alla vostra infinita prudenza, acciocché per Dio e per voi la mia madre dica avere la vita racquistata del suo figliuolo». E dette queste parole attese la risposta.

L’abadessa, udite le pietose parole d’Ippolito, disse: «Figliuolo, se alla tua salute e alla consolazione della tua madre io non avessi deliberato dare riparo, non bisognava che io ti conducessi qui; anzi come nimica della tua salvazione lasciarti arrivare al tuo fine. Ma vinta dalla mia buona natura e dalle lacrime della tua madre e dalla compassione del tuo misero stato, poiché la tua domanda è fondata in sulla onestate, delibero col mio onore salvare la tua vita. E però domani dopo desinare tu ti starai qui in camera mia drieto al letto, e vedrai Leonora a tuo piacere. Ma voglio che tu mi prometta, quanto tu hai caro il suo onore e amore, che tu non gli farai alcuna violenza». Ippolito promisse all’abadessa quanto ella volse. Di che la mattina seguente Leonora andò alla festa, e quivi dopo il desinare, venendo l’ora di riposarsi, tutte andarono a dormire, quale in una camera e quale in un’altra. L’abadessa menò Leonora seco alla camera sua, e serratola in camera se n’andò