Pagina:Alberti, Leon Battista – Opere volgari, Vol. III, 1973 – BEIC 1724974.djvu/310

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306 nota sul testo


Se infatti è possibile restringere così al giro di pochi mesi tra il 1435 e il 1436 la questione della precedenza dell’una o dell’altra redazione, mi pare che essa perda alquanto d’importanza come problema storico per acquistare semmai maggiore importanza come problema linguistico-filologico in quanto riguarda i motivi della doppia redazione e i rapporti testuali e lessicali-sintattici tra latino e volgare. Vari studiosi hanno riconosciuto il probabile apporto a tale problema dello studio della tradizione del testo latino, ma finora nessuno ci ha posto mano con criteri scientifici. Di fronte alle quattro edizioni moderne della redazione volgare (di cui nessuna però può dirsi edizione critica), non abbiamo che le due edizioni antiche del testo latino; e per lungo tempo i lettori dovettero contentarsi di riproduzioni e traduzioni (in inglese, francese, ecc.) del volgarizzamento italiano del testo latino (dell’edizione di Basilea) fatto da Cosimo Bartoli 1. Un tentativo di classificare i codici del testo latino dovuto allo Spencer può essere subito scartato perché non è documentato e non serve a darci un nuovo testo latino bensi ad appoggiare in modo del tutto insufficiente una cattiva traduzione inglese della redazione volgare 2. Altri invece, come il Mallè, si sono serviti saltuariamente dell’edizione di Basilea per fare confronti e risolvere problemi singoli del testo volgare; ma fino a che punto tale proce-

    cioè ad un soggiorno dell’A. a Firenze nel 1428. La nota nel cod. Marciano esclude tale possibilità. Comunque, quella dedica si riferisce senza dubbio ai primi incontri con l’ambiente artistico fiorentino intorno al 1428, o a Firenze o a Roma; ma non è detto che l’incontro e la composizione dell’opera avvenissero contemporaneamente. Anzi direi che la dedica va letta come richiamo di anni già passati (le amicizie sono ormai vecchie) quando Masaccio era ancora vivo, e quando l’A. stesso faceva le sue prime esperienze di pittore e di ricercatore di arte antica. Compose poi nel 1435 il De pictura durante il suo soggiorno fiorentino (dal 1434), e dedicandolo al Brunelleschi ricordò vivamente quella rinascenza artistica e quelle figure di artisti di alcuni anni prima che su di lui avevano esercitato una forte influenza. A quella distanza di tempo e in quel ricordo, era proprio necessario richiamare un doloroso fatto a tutti noto, la morte di Masaccio? Mentre correggo le bozze di questa edizione, leggo il più recente contributo alla vecchia questione della precedenza dell’una o dell’altra redazione, di Maria Picchio Simonelli, On Alberti’s Treatises on Art and their Chronological Relationship, nella nuova rivista «Italian Studies Annual» della Università di Toronto, I, 1971 (ma uscito nel 1972), pp. 75-102; in cui si sostiene, senza però apportare nuovi elementi sostanziali convincenti, la tesi contraria alla mia, cioè che l’Alberti scrisse prima la redazione volgare . Ai singoli argomenti conviene rispondere in altra sede. Aggiungo soltanto qui che non mi trovo neppure d’accordo con la Simonelli intorno alla datazione del De statua, per cui vedi l’Introduzione alla mia ed. di questo testo, cit. sopra, p. 304.

  1. In Opuscoli morali di L. B. A., Venezia, 1568.
  2. On Painting by L. B . Alberti, translated from the Italian with an introduction and notes by John R. Spencer, Londra, 1956. (ed. riveduta, New Haven, 1966).