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176 della architettura

come quella tazza d’oro che Augusto pose nel Tempio principale del Monte Palatino dentrovi una gran barba di Cinnamomo, o cannella. A Termo in Etolia debellata da Filippo, dicono, che erano ne’ portici del Tempio meglio che quindici mila pezzi d’arme, et per adornare il Tempio meglio che dumila statue, le quali secondo che racconta Polibio furono tutte disfatte da Filippo, eccetto che quelle, ne le quali era o scritto il nome di alcuno Dio, o che rendevano simiglianza alli Dii: et non è forse da considerare manco la gran quantità, che la varietà di si fatte cose. In Sicilia, dice Solino, furono alcuni, che facevano le statue di sale, et una dice Plinio ne fu fatta di vetro. Et certamente che simil cose saranno rarissime, et oltra modo degne fuor de la oppenione de la natura, et de gli ingegni de gli huomini. Ma parleremo altrove de le statue. Mettesi de le colonne ne le mura, et si applicano a vani: Ma non con il medesimo ordine che ne portici. Et ho considerato questo ne Tempii grandissimi che non havendo forse colonne, che servissino a bastanza a tanta grandezza di fabrica, e’ dettono tanto di diritto a le mosse de le volte, che quella saetta, che da la sommità de gli archi de le volte si tirasse sino al piano, rincontro a le mosse de le volte fusse un terzo più lunga del suo mezo diametro, la qual cosa ancora accrebbe bellezza a l’opera, perche rilevandosi la volta alquanto più in alto, diviene (per dir cosi) alquanto più agile, et più espedita. Nè penso che in questo luogo sia da lasciare indietro che ne le volte le mosse delli archi hanno ad havere oltre al mezo diametro, tanto di diritto al manco, quanto ne tolgono gli aggetti de le cornici a coloro che stando nel mezo del Tempio alzano gli occhi all’insuso.


Perche cagione è bene che i tetti de Tempii sieno in volta.

cap. xi.


I
O vorrei che i Tempii si perche si arrecano dietro maggior dignità, si ancora perche sono più durabili, et eterni, fussino quasi tutti in volta; et non sò veramente d’onde si proceda, che e’ non si truova quasi alcun Tempio celebrato, che non sia caduto nella calamità del fuoco. Io ho letto che Cambise abbruciò tutti quanti i Tempii di Egitto, et che ei ne portò l’oro et gli addornamenti a Persepoli. Eusebio racconta che lo Oracolo di Delpho fu tre volte abbruciato da Tracii: il medesimo truovo io appresso di Erodoto essendo un’altra volta da per se abbrucciato, che fu da Amaso restaurato. Altrove hò letto che ei fu abbrucciato da Flegias in quel tempo nel quale Fenice aggiunse alcuni caratteri di lettere per i suoi cittadini; et arse di nuovo un’altra volta regnando Ciro, pochi anni dopo la morte di Servio Tullio Re de Romani, et è chiaro che egli arse ancora un’altra volta intorno a quelli anni, che nacquero quei chiarissimi lumi d’ingegno, Catullo, Salustio, et Varrone. Il Tempio Efesio fu abbruciato da le Amazone regnando Silvio Postumio, et di nuovo fu abbruciato nel tempo che Socrate in Athene bevè il veleno. Et appresso de gli Argivi capitò male per il fuoco il Tempio, in quello anno che Platone nacque in Athene, regnando in Roma Tarquino. Che dirò io de sacri portici di Hierosolima? che del Tempio di Minerva a Milesio? che del Tempio di Serapio in Alessandria? che in Roma de la Ritonda? et del Tempio de la Dea Vesta? et di quello di Apolline? nel quale dicono che abbrucciarono i versi de la Sibilla? Tutti gli altri Tempii quasi dicono che sono caduti in simile calamità. Diodoro scrive che solamente quello, che era dedicato a Venere ne la Città di Erice in Sicilia, si era mantenuto illeso da tal calamità sino a tempi suoi. Et Cesare scrive che Alessandria non arse per essere ella in volta, pigliandola egli per forza. Hanno certamente le volte i loro adornamenti. Usarono gli Antichi di trasferire ne le cupole tutti, quelli adornamenti, che gli Orefici facevano

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