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Pagina:Alberti - Della architettura della pittura e della statua, 1782.djvu/321

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299

DELLA PITTURA

di

leon batista alberti

libro secondo.


M
A perche questo studio de lo imparare potrà forse parere troppo faticoso a giovani, perciò mi par da mostrar in questo luogo quanto la Pittura sia non indegna da potervi mettere ogni nostro studio et ogni nostra diligentia. Conciossia che ella ha in se una certa forza divina tal che non solo ella fa quel che dicono, che fa la amicitia, che ci rapresenta in essere le persone che sono lontane, ma ella ci mette inanzi a gli occhi ancora coloro, che gia molti et molti anni sono, son morti, talche si veggono con grandissima maraviglia del Pittore, et dilettatione di chi li riguarda. Racconta Plutarco che Cassandro uno de Capitani di Alessandro, nel vedere la effigie del gia morto Alessandro, conoscendo in essa quella maiestà regale cominciò con tutto il corpo a tremare. Dicono ancora che Agesilao Lacedemoniese sapendo di essere bruttissimo, non volle che la sua effigie fusse veduta da descendenti, et perciò non li piacque mai esser ne dipinto, ne scolpito da nessuno. Si che i volti de morti vivono in un certo modo una lunga vita, mediante la Pittura. Et che la Pittura ci habbi espresso gli Dii, che sono reveriti da le genti, è da pensare che ciò sia stato un grandissimo dono concesso a mortali. Conciosia che la Pittura ha giovato troppo grandemente alla religione, mediante la quale noi siamo principalmente congiunti a gli Dii, et al perseverare gli animi con una certa intera religione. Dicono che Fidia fece in Elide un Giove, la bellezza del quale aggiunse assai alla gia conceputa religione. Ma quanto la Pittura giovi alli honoratissimi piaceri de lo animo, et quanto ornamento ella arrechi alle cose, si puo d’altronde et da questo principalmente vedere che tu non troverai quasi per lo più cosa alcuna benche preciosa, che per la accompagnatura de la Pittura non diventi molto più cara, et molto più pregiata. Lo avorio, le gemme, et le cosi fatte cose pregiate, diventano, mediante la mano del Pittore, più preciose. Lo oro stesso ancora adornato da la Pittura, è stimato molto più che lo oro. Anzi non che altro il piombo più di tutti gli altri metalli vilissimo, se Fidia o Prassitele ne havesse con le lor mani fatto una statua, sarà per aventura tenuta più in pregio, che non sarebbe altretanto argento rozzo et non lavorato. Zeusi Pittore haveva incominciato a donare le sue cose, perche come ei diceva, elle non si potevano pagare con qual si voglia prezzo. Conciosia che egli giudicava che non si potesse trovar prezzo alcuno, che potesse satisfare a colui che nel dipignere, o scolpire gli animali, fusse quasi che uno altro Dio infra i mortali. Ha queste lodi adunque la Pittura che coloro che ne sono maestri, non solamente si maravigliano de le opere loro, ma si accorgono essere similissimi agli Dii. Che dirò io che la Pittura è o la maestra di tutte le arti, o almanco il principale ornamento? Imperoche lo Architettore se io non mi inganno, ha preso dal Pittor solo le cimase, i capitelli, le base, le colonne, le cornici, et tutte le altre cosi fatte lodi degli edifizii. Imperoche il Pittore mediante la regola et la arte sua ha insegnato, et dato modo a gli, scarpellini, a gli scultori, et a tutte le botteghe de fabbri, de legnaiuoli, et di tutti coloro che lavorano di fabriche manuali, talche non si ritroverà finalmente arte alcuna, benche abiettissima, che non habbi riguardo

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