Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
150 | Le signorine e il loro servizio sociale |
vibravano di un dolore tanto più intenso perchè senza causa apparente, e quindi tenuto gelosamente nascosto per paura che fosse incompreso. Anime solitarie malgrado fossero circondate da famiglie numerose; volontà scoraggiate da ostacoli tradizionali che impedivano loro di esplicarsi, virtù che si ripiegavano con un senso d’inutilità, occulte e frementi ribellioni di caratteri schietti e forti.
Che facciamo? Che siamo? È così che si deve vivere, a vent’anni? nell’età degli entusiasmi e della fioritura d’ogni dono più bello che Dio concesse all’umanità?
— No, — dissi io, madre, a quelle fanciulle. — No, non è così che dovete vivere!
E bastò così poco per dar ali a tutte quelle buone volontà prigioniere! In poche pagine che intitolai: Il vostro salario, dissi della necessità, del dovere che ogni fanciulla nata, senza alcun suo merito, in una posizione agiata, ricambiasse alla società in altrettanto amore per i diseredati, in lavoro utile ad essi, il salario che aveva ricevuto dalla Provvidenza.
Inoltre dissi della reciproca diffidenza che tiene separate le giovanette della classe agiata
150 | Le signorine e il loro servizio sociale |