Pagina:Alcuni scritti del dottor Carlo Cattaneo vol. I, Milano 1846.djvu/96

Da Wikisource.

VITA DI DANTE 79

grandi fatti che sopravènnero di poi, fino all'anno della sua morte. Laonde, nelle prime pàgine della Divina Comedia quasi tutti i commentatori vèdono le lodi d'un prìncipe di Verona, che divenne poi capitano formidàbile della lega ghibellina, e all'ombra del quale il Libro potè venire ala luce del giorno. Ma nel 1300 il gran capitano era fanciullo di nove anni; ed era giovinetto di diecisette quando, al crèdere del Balbo, quella càntica era già compiuta e data fuori. Questi minuti scrutinii di luoghi e di tempi sarèbbero sempre inùtili e tediosi, anche quando non fòssero fallaci; e perciò la lettura dei due volumi del Balbo, che sul principio e sulla fine scorre piacèvole e vivace, va intorbidando e languendo nel mezzo dell'òpera, e fa veramente desiderare che l'autore non si fosse messo in siffatte spine.

Pare eziandìo ch'egli sia troppo corrivo a tollerare tutte le lrorìole municipali, che addìtano a punto a punto l'anno e il mese, in cui Dante doveva èssere stato òspite a Fonte Avellana, a Castel Colmolaro, a Cividale, a Paràtico, a Tolmino, e in altri luoghi che forse non visitò mai, se non nell'itinerario del Troya. Come crèdere così leggermente, che Dante scegliesse di far vacanza nei castelli d'un Torriano, parente di quel Napoleone che i ghibellini avèvano fatto morire in una gabbia di ferro, e capo di quella fazione che aveva predato i beni e diroccata la casa di Dante e lo voleva arder vivo? Se non vi andò per avventura ambasciatore di qualche signore ghibellino, come crèdere che s'arrischiasse d'andarvi altrimenti, in una età di gabbie di ferro e di trabocchetti? Nessuno de' suoi parlò di questa sua gita e di questa ospitalità torriana, che, mirabilmente estorta a un nemico, sarebbe uno dei più splèndidi trionfi della poesìa, ma che agli altri ghibellini poteva parere un segnale di perfidia. Come crèdere che a Tolmino gli alpigiani; slavi, che pàrlano l'idioma cragnolino, poco diverso da quello dei Croati e dei Cosacchi, venìssero sì fattamente incantati ai versi di Dante, da tramandare ai loro pòsteri dopo cinquecento anni la memoria del sasso dove si era assiso, e dove componeva non so qual trattato della natura dei pesci? E la prova di questo sarebbe che in quelle Alpi vi sono «passi strettissimi», e