Pagina:Alencar - Il guarany, II, 1864.djvu/134

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La giovane fissò intensamente i suoi occhi in quelli di Alvaro.

— Ciò mi bastava. Quando vi avea guardato per ore ed ore, senza che ve ne accorgeste, mi giudicava felice; mi raccoglieva colla mia dolce immagine, e conversava con lei o mi addormentava sognando sogni ben lieti.

Il cavaliere sentivasi turbare, ma non osava interrompere Isabella.

— Non sapete che secreti tiene quell’amore, che vive solo delle sue illusioni, senza che uno sguardo, una parola lo alimenti. La più piccola cosa è un piacere, una ventura suprema, Quante volte non accompagnava il raggio della luna, che entrava per la mia finestra, e a poco a poco si venia approssimando: in quel blando chiarore mi parea di vedere il vostro sembiante, e l’aspettava tremante di piacere, come se vi attendessi. Quando il raggio era giunto, quando la sua luce soave cadeva sopra di me, provava un godimento immenso; mi dava a credere che mi sorridevate, che le vostre mani stringevano le mie, che il vostro volto si univa al mio, che le vostre labbra...

Isabella chinò il capo languido sopra la spalla d’Alvaro; il cavaliere, palpitante di emozione, passò il braccio alla cintola della giovane e la strinse al cuore; ma tantosto se ne staccò con un movimento brusco.

— Non vi date affanno per me, diss’ella mestamente, so che non dovete amarmi. Siate no-