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194 | merope |
Che dico, gli occhi? io voglio a prova, io stessa,
ferirlo; immerger mille volte io voglio
entro quel cor lo stile... Atroce core,
che udia il mio figlio, in voce moribonda
di pianto e di pietá, chiamar la madre...
L’udiva; eppur nell’onde lo scagliava,
forse ancor semivivo; ancora forse
tal da potersi trarre dalle orrende
fauci di lunga morte... Ed egli, or dianzi
a me il narrava; io l’ascoltava; e quasi
innocente il credea; quasi pietade,
piú che l’ucciso, l’uccisor mi fea. —
Pietá? scontarla or or saprò: vendetta
io ne farò, qual non s’intese mai;
io stessa, or or: tu il promettesti; dimmi:
l’atterrai tu?
Polif. Qual piú ti piace, in breve,
vendetta quí ne avrai tu stessa. Ah! possa
cosí il suo sangue entro il tuo cor far scemo
l’odio che in sen mi serbi! in lui, deh, tutto
possa il tuo sdegno sazíarsi! Io volo
a disporre ogni cosa: il giusto pianto
non vo’ per ora io piú sturbarti, o donna:
ma tosto in parte a rasciugarlo io riedo. —
Tu, non lasciarla intanto: in te non biasmo
pietade omai: ma della madre or l’abbi,
se giá ne avesti del figliuol cotanta.
SCENA QUARTA
Polidoro, Merope.
che del tiranno l’oltraggiosa e tarda
pietá mi valga; che a’ tuoi piedi io spiri,