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234 lettera dell’abate cesarotti


La gemma del Maffei, e il mio cinto, sono fratelli carnali: ma la gemma è cosa assai piú preziosa, e, per portarsi nelle dita, assai piú in vista che un fermaglio a cintura, che può esser coperto dal pallio. E l’uno e l’altro era imprudenza del vecchio di commettere a quel giovinetto: ma, siccome Egisto è fuggito di casa, rimane giustificato il vecchio in gran parte dalla di lui fuga. S’era indotto il mio Polidoro a fargli un tal dono, perché i vecchi padri coi doni accarezzano i figli; non era imprudenza il lasciarglielo portare in Elide, dove non era noto un tale arnese; e quel buon vecchio dovea veder con segreta gioja l’unico germe reale addobbarsi del cinto del suo re; quasi un tacito augurio del recuperarne egli un giorno il diadema. Oltre che io sempre ho detto, cinto, fermaglio, impresa d’Alcide, cose tutte, che per essere fors’anche di materia comune, potevano non disconvenire ad un privato, com’era il mio Egisto: in vece che una gemma di gran pregio disconveniva certamente a quell’Egisto, figlio di servo. E quindi l’imprudenza di quel Polidoro era maggiore.

Il re Cresfonte poteva, come guerriero, aver avuta una cintura di cuojo con fermaglio d’ottone o di ferro, e sopravi l’impresa d’Alcide, senza che un tale arnese fosse piú regio, che di privato guerriero.

So, che la commozione degli uditori scema moltissimo dopo il punto in cui Egisto sta per essere ucciso dalla madre; ma questo lo credo inevitabile difetto del soggetto, e non mi pare che le altre Meropi crescano dopo un tal punto. Nella mia però viene protratto fino alla fine del quart’atto; nell’altre, non piú che alla metá del terzo. Stimo impossibile in natura, di sostituire al momento, in cui una madre sta per uccidere il proprio figlio a lei sconosciuto, un altro punto di eguale, non che di maggiore interesse. Tutto è minore quello che può accader dopo; e sia quel che si voglia. O si uccida il tiranno, o dal tiranno si uccida quel figlio istesso, non sará mai piú una madre che sta per uccidere il proprio figlio, noto a chi vede, e non alla madre. Ciò posto, questa tragedia che non finisce, né può finire, colla sola agnizione d’Egisto, va pur terminata; e lo dev’essere colla morte del tiranno. Poiché