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262 maria stuarda
sariano in corte, io primo tutte ho tronche

le vie finora, onde (o supposte, o vere)
mai non giungesser le minacce vane
di Arrigo a te. Ma, se a piú rei disegni
ei mai volgesse il suo pensier, mio incarco
ad ogni rischio allor fia di svelarti,
non ciò ch’ei dice, ciò che oprar si attenta.
Maria Certo, ei finora i replicati inviti
miei non curò... Chi può saper?... Ma, dimmi;
qualche doppia sua mira oggi il potrebbe
ritrarre in corte?
Bot.   Nol cred’io; ma stolto
consigliero sarei, se a te non fessi
antiveder quanto or possibil fora.
Soverchio amor mai nol pungea del figlio:
or, perché il chiede? Ormondo, anch’ei bramoso,
veder pretende il regal germe: ei reca
l’arti con se della britanna donna:
tutto esser può: nulla sará; ma in trono
cieca fidanza, è inescusabil fallo.
Maria Precipitar d’una in un’altra angoscia
ognor dovrò? Fatal destino!... Eppure,
che far poss’io?
Bot.   Vegliar, mentr’io pur veglio;
altro non dei. Sia falso il temer mio;
purché dannoso altrui non sia, non nuoce.
Sotto qual vuoi piú verisimil velo,
fa soltanto che Arrigo abbia or diversa
stanza da questa, ove il regal tuo pegno
si alberga; e quí de’ tuoi piú fidi il lascia
a guardia sempre. Ad abitar tu quindi,
quasi a piú lieto o piú salubre ostello,
con Arrigo ne andrai la rocca antica
che la cittá torreggia; ivi ben tosto
vedrai qual possa abbia il tuo amor sovr’esso.
Cosí al ben far gli apri ogni strada; e togli