Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie, Vol. II, 1946 – BEIC 1727862.djvu/293

Da Wikisource.


ATTO QUINTO

SCENA PRIMA

Maria, Lamorre.

Lamor. Posto in disparte ogni rispetto, io vengo

ansio, anelante, alle tue stanze, in ora
strana. Oh qual notte!...
Maria   Or, che vuoi tu?
Lamor.   Che fai?
Chi ti consiglia? Entro i recessi starti
puoi di tua reggia omai secura tanto,
mentre il consorte tuo di grida e d’armi
cinto?
Maria   Ma in te, donde l’ardir?... Vedrassi
al nuovo dí, ch’io nulla a lui togliea,
che di nuocere a se.
Lamor.   Qual sia il disegno,
egli è crudo, terribile, inaudito:
e la plebe furor piú assai ne tragge,
che non terrore. Or, ben rifletti: forse
v’ha chi t’inganna: a rischiararti in tempo
forse ch’io giungo. Uscirne sol può danno
dai satelliti rei, che inondan tutte
della cittá le vie, lugúbri tede
recando in mano, e minacciosi brandi.
Che fan costor del regio colle al piede