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atto primo 303
che tremare, obbedir, soffrir, tacersi,

col piú viver s’impara; acerba morte,
pria che apparar arte sí infame, io scelgo.


SCENA TERZA

Bianca, Raimondo.

Bianca Sposo, al fin ti ritrovo. Ah! con chi stai,

s’anco me sfuggi?
Raim.   Io favellai quí a lungo
dianzi col padre; ma non ho pur quindi
tratto sollievo a’ mali miei.
Bianca   Buon padre,
sovra ogni cosa, egli è: per se non trema;
sol pe’ suoi figli ei trema. In petto l’ira,
per noi, raffrena il generoso vecchio:
non creder, no, spento il valor, né doma
la sua fierezza in lui: ch’io tel ridica,
deh! soffri; egli è buon padre.
Raim.   Oh! dirmi forse
vuoi tu, ch’io tal non sono? Il sai, se nulla
valse a frenar mio sdegno, ognor tuoi prieghi,
valsero, o Bianca, a ciò; tuoi soli prieghi,
l’amor tuo casto, e il tuo materno pianto.
Dolce compagna io t’estimai, non suora
de’ miei nemici... Ma, ti par fors’oggi,
ch’io tacer debba ancora? oggi, che tolta,
senza ragion, stammi per esser questa
mia popolare dignità? che in bando
irne dovrem da questo ostel, giá sacro
di libertade pubblica ricetto?
Bianca Possenti sono; a che inasprir co’ detti
chi non risponde, ed opra? Assai può meglio,
che tue minacce, il tuo tacer placarli.
Raim. E placarli vogl’io?... — Ma, nulla vale