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atto secondo 309
spegner virtude (ove pur n’abbia), o farla

scherno alle genti; i men feroci averti
tra’ famigliari; e i falsamente alteri
avvilire, onorandoli. Clemenza,
e patria, e gloria, e leggi, e cittadini
alto suonar; piú d’ogni cosa, uguale
fingerti a’ tuoi minori. — Ecco i gran mezzi,
onde in ciascun si cangi a poco a poco
prima il pensar, poi gli usi, indi le leggi;
il modo poscia di chi regna; e in fine,
quel che riman solo a cangiarsi, il nome.
Loren. Ciò tutto giá felicemente in opra
posero gli avi nostri: alla catena
se anello manca, or denno esserne il fabro
dei cittadin le stolte gare istesse.
Apertamente, in somma, un sol si attenta
di resisterci, un solo; e temer dessi?
Giul. Feroce figlio di mal fido padre,
da temersi è Raimondo...
Loren.   Ambo si denno
schernire, e a ciò mi appresto: è dolce anch’ella
cotal vendetta...
Giul.   E mal sicura.
Loren.   In mente,
tant’è, fermo ho cosí. Quel giovin fero
vo’ tor di grado; e a suo piacer lasciarlo
spargere invan sedizíosi detti:
cosí vedrassi, in che vil conto io ’l tenga.
Giul. Nemico offeso, e non ucciso? oh! quale,
qual di triplice ferro armato petto
può non tremarne? Ingiuríar debb’egli,
chi spegner puote? A intorbidar lo stato,
perché cosí dargli tu stesso, incauto,
pretesti tanti? instigatore e capo
farlo cosí dei mal contenti? E sono
molti; piú assai, che tu non pensi. Aperta