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atto primo 359



SCENA SECONDA

Diego, Piero, Garzia.

Garzia Ben piú che ai detti, ei ne potea dall’opre

scerner tra noi. — Ma pur, non duolmi al padre
l’aver schiuso i miei sensi: un po’ men ratto
al labro forse, ciò che in cor si serra,
correr dovrebbe; ma finor quest’arte
la mia non è; né piú l’apprendo omai.
Diego Ch’altro manca piú a Cosmo? entro sua reggia,
tra i proprj figli alto un censore ei trova,
che a regnare gl’insegna.
Garzia   Or, che paventi?
Piú di me sempre gli sarai tu accetto.
Il piú gradito al re fia quei, che porre
suo consiglio e ragion piú sa nel brando.
Piero Sdegno fra voi trascorrer dee tant’oltre,
perché dispari è la sentenza? Io pure
da voi dissento; e non, per ciò, men v’amo.
Fratelli, figli e sudditi d’un padre
noi siam pur tutti: or via...
Garzia   Pensi a sua posta
ciascun di noi: non cerco io lode; e biasmo
non reco altrui. Dico bensí, che tutto
porterem noi del pubblic’odio il grave
terribil peso, o sia che Cosmo elegga
forza adoprare, o finzíon: da questa
lo sprezzo altrui, l’ira dell’altra nasce;
la vendetta da entrambe.
Diego   Oh! saggio, e grande,
certo sei tu: moderator ti piaccia
seder di nostra giovinezza. — Or, quando
tacerai tu? Ben noto eri giá al padre,
da lui giá in pregio, e qual tel merti, avuto.
Va; se in tenebre godi, oscuro vivi: