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360 don garzia
ma, poiché nulla al chiaror nostro aggiungi,

non ci far di te almen spiacevol ombra.
Garzia Ciò che splendor tu chiami, infamia il chiamo. —
Ma, a voi non toglie il mio parlar la pace,
che in voi non è: pace assai mal si merca
colle pubbliche grida, e mal col sangue
dell’innocente cittadino. Io nasco
stranier fra voi; ma, poi ch’io pur vi nasco,
non mai sperate ch’io a voi taccia il vero.
Piero No, tu non sei, Garzía, nemico al padre:
dunque, perché di chi l’offende amico?
Garzia Del giusto, amico; e di null’altro. Io parlo
a voi cosí; ma, con gli estranei, taccio.
Io creder vo’, che un sol signor piú giovi,
dove ei stia pur del natural diritto
entro il confin; ma tirannia?... l’abborro:
e assai l’adopra il padre mio, pur troppo!
Piú del suo onor, che di sua possa, io sempre
tenero fui: di vero amore io l’amo.
Se nulla in lui giammai varran miei preghi,
tutti a scemar la tirannia fien volti.
Diego Ed io, (se valgo) a vie piú accrescer sempre
sacro poter, che un temerario ardisce
tacciar d’ingiusto, io volgerò pur tutti
gli sforzi miei.
Garzia   Degna è di te la impresa.
Diego Mi oltraggi tu? Ben ti farò...
Piero   T’arresta:
oh ciel! riponi il brando...
Garzia   Il brando trarre
lasciagli, o Piero. Ei vuol di se dar saggio
degno di lui. Contro il german la spada,
sublime indizio è di futuro regno.
Piero Deh! ti raffrena... E tu, deh taci!...
Diego   O cangia
tuo stile, o ch’io...