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atto secondo 371



SCENA QUARTA

Diego, Cosimo, Piero.

Cosimo   O figlio mio, che brami?

Ragion? l’avrai.
Diego   Padre, che fia? ti scorgo
forte accigliato. A te disturbo arreca
forse il contender nostro? Era pur meglio
il tacerglielo, o Piero: e che? temesti,
che l’ira in me per un fraterno oltraggio
oltre il dover durasse? Ah! non ne prenda
pensiero omai, né se ne sdegni il padre.
Me non reputo offeso; io sol compiango
l’offenditor: la mia vendetta è questa.
Cosimo Oh degno in vero di un miglior fratello,
che quel Garzía non è! Tu le fraterne
ingiurie soffri; e ben ti sta: ma, prima,
sola cagion dell’ira mia profonda
non è, l’aver egli mie leggi infrante,
non, l’aver teco ei contrastato or dianzi.
L’impeto in lui, pur troppo, esser non veggio
di giovinezza figlio; è di mal seme
frutto peggior: andar mi è forza al fonte
del mortifero tosco; udire io tutto,
tutto indagare io deggio. In regal figlio,
che può nuocer piú ch’altri, e temer meno,
l’opre, gli affetti, le parole, i passi,
anco i pensier, tutto il saperne importa.
Diego Pure, a delitto or non gli appor, ten prego,
ciò ch’egli or dianzi irato a me dicea.
Piero Ben vedi, o padre, che se pari avesse
l’alma Garzía, tra lor ferma la pace
giá fora; e Diego non s’infinge...
Diego   E finto