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372 don garzia
neppur finor credo Garzía, né iniquo.

No, padre; in lui, benché da me diverso
semi pur veggo io di virtú; dal dritto
sentier sol parmi traviato: ei nutre
privati affetti in principesche spoglie;
quindi è il suo dir, che a noi sí strano appare;
i disparer quindi fra noi sí spessi;
e l’alta pompa ingiuríosa, ond’egli
spiega fra noi le sue virtú romite.
Caldo di sdegno io primo, al tuo cospetto,
pungerlo osai, chiamandolo mendace,
e simulato: a un alto cor l’oltraggio
insopportabil era; e queta appena
fu l’ira in me, che assai men dolse. Io vengo
primo a disdirmi espressamente; e, ov’abbia
te indisposto contr’esso il parlar mio,
a tor tal falsa impressíon sinistra.
Cosimo Certo, assai meno è traditor Garzía,
di quel che tu sii grande.
Diego   A te siam figli...
Cosimo Tu il sei, davver: Piero, e tu pure il sei.
Piero Men pregio, almeno.
Diego   Ah! non perduto ancora
stima l’altro tuo figlio: a te il racquista,
e a noi, ten prego; ma con dolci modi.
Al tenace suo cor, piú che d’impero
forza si faccia or di consiglio; e mai
non gli mostrar, che tu di noi men l’ami.
Cosimo Basta or, miei figli, basta. Itene: a voi
compiacer vo’. Tu, Piero, a me tra breve
Garzía quí manda; io parlerogli. — Laudo
la sollecita cura in te non meno,
che in Diego il cor magnanimo sublime.