Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie, Vol. II, 1946 – BEIC 1727862.djvu/390

Da Wikisource.
384 don garzia
da chi che sia tentar, di propria mano

Geri tosto svenarla...
Garzia   Or or vedrassi...
Piero Deh! t’arresta; che fai?
Garzia   ... Svenarla? Oh rabbia!...
Ma, non giungea la madre a lui?...
Piero   Pur dianzi
venne; ma corso era giá l’ordin fero.
Parlar volea; ma dir non la lasciava
l’irato sire: ella piangea: ma il pianto
non bisognare, ei le diceva: «Il mezzo
di scolparsi del tutto, io stesso il diedi
al tuo Garzía».
Garzia   Di che, di che scolparmi?
D’esserti figlio? è incancellabil macchia. —
Mezzo ei mi dié? vedi qual mezzo: il ferro,
ch’io immerger debbo a tradimento in petto
del misero Salviati. — Ah! perché figlio,
Cosmo, a te sono? ah, nol foss’io! ben fora
mezzo, e il migliore a discolparmi, il ferro.
Ma in te nol posso; oh rabbia!... In me...
Piero   Che fai?
Che tenti? Ah! cessa...
Garzia   Anzi che a morte io veggia
trar l’amata donzella; anzi che lordo
farmi del sangue del suo padre, io voglio
svenarmi, io quí...
Piero   Deh! ferma;... odimi;... pensa,
ch’è immutabile Cosmo. Ei vuol Salviati
morto, a ogni costo: e se da te lo vuole,
col tuo morir nol salvi; anzi a piú duri
strazj il riserbi: ah! ben sai tu, se l’ira
delusa in Cosmo scemi. E l’innocente
sua figlia, anch’essa forse...
Garzia   Oh ciel!...
Piero   Che forse?