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atto terzo 385
Certo è, pur troppo! Ove obbedir tu nieghi,

e padre e figlia ei svenerá.
Garzia   D’orrore
gelar mi fai. Ma come uccider io,
e a tradimento, un innocente, un giusto?
L’amico, il padre dell’amata donna
trar quí, di notte, e sotto infame velo
d’amistá finta?...
Piero   Ah! non s’udia piú atroce
caso giammai; né mente havvi sí salda,
che non vaneggi a tanto. — Eppur, che vuoi?
ch’altro puoi far? tutto fia peggio. Un solo
pera; fia ’l meglio...
Garzia   Ed io vivrommi?...
Piero   Ah!... m’odi.
Chi te costringe a tal delitto è il reo,
non tu. — Ma, in parte anco l’orror scemarti
del tradimento io posso, ove in tuo nome
da me inviar lasci a Salviati il messo. —
Risolvi; omai risolvi: ah! pensa in quanta
mortale angoscia or la tua Giulia vive...
Garzia Giulia!... E svenarti il padre?... Ah! no, nol posso...
Eppur, te sveno se lui non uccido...
Ch’io, né morir, né vendicarti, e appena
salvarti io possa! — Ma, la madre io deggio
udire ancor, pria di risolver: forse
il duol, la rabbia, il disperato amore,
altra via m’apriranno.
Piero   Ah! no...
Garzia   Ma pure,
s’egli è destin, ch’io l’orrido delitto... —
Odi: se a te fra un’ora io quí non riedo,
pur troppo è ver, che sceglier mi fu forza
di trucidar di Giulia il padre. — Allora
lascio a te, poiché il vuoi, l’orrido incarco
di spedir l’empio messagger di morte.


 V. Alfieri, Tragedie - II. 25