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SCENA TERZA

Eleonora, Garzia.

Eleon.   O Figlio, oh ciel! che festi?...

Oimè! fuggi...
Garzia   Fuggir? io? perché? dove?
Eleon. Deh! fuggi, o figlio...
Garzia   Ah! no, non fuggo. Il padre,
spietato il padre a me ordinò il delitto;
non fuggo io, no.
Eleon.   Deh! se di te, di noi,
di me ti cal, ratto sottratti al fero
del paterno furore impeto primo.
Garzia Furor? che feci? e qual furor si aggiunge
alla natía sua rabbia?
Eleon.   Odi? — La reggia
tutta risuona d’alte grida intorno.
Deh! che mai festi? Entro alla grotta irato
Cosmo correva, il precedeano cento
fiaccole; in armi altri il seguiano: il nome
gridavan tutti di Garzía. Che festi?
Ah! ben tu il sai; deh! fuggi. — Oh cielo! ei torna.
Oh qual fragore! Udisti! eccheggia un grido:
«al tradimento, al traditore...» Oh figlio!...
Garzia Egli è di Cosmo il tradimento; è Cosmo
il traditor: ma in me il punisca; io ’l merto.
Venga ei, non tremo.
Eleon.   Ahi lassa me! col brando
eccolo... Almen, tu fra mie braccia...